All’Ape volontario si potrà accedere, su richiesta, dal 1° maggio 2017 con effetto retroattivo. E si dovrà indicare subito nella domanda all’Inps se si è orientati a optare o meno per un finanziamento supplementare, con conseguente maggiorazione dell’importo della rata mensile per restituire il prestito, nel caso in cui (come è probabile) nel 2019 scatti l’adeguamento automatico dell’età pensionabile all’aspettativa di vita. Una “clausola di allungamento” che dovrebbe avere la durata di 5 mesi e che, nell’eventualità in cui il lavoratore decida di non usufruirne, non comprometterà il ”decorso” del prestito-ponte. A introdurre queste novità è la versione definitiva del Dpcm sull’Ape volontario, che è stata firmata ieri dal premier Paolo Gentiloni e che recepisce in molti punti gran parte delle sollecitazioni arrivate dal Consiglio di Stato con il parere del luglio scorso.
Il testo, al quale ha lavorato il team economico di Palazzo Chigi guidato da Marco Leonardi, passa ora alla Corte dei conti per la registrazione per poi essere pubblicato sulla «Gazzetta ufficiale». Ma il Dpcm non sarà di fatto subito pienamente operativo. Lo stesso provvedimento prevede che entro un mese dalla sua entrata in vigore i ministeri dell’Economia e del Lavoro dovranno stipulare con l’Abi un accordo quadro per definire «il tasso d’interesse da corrispondere sul finanziamento». Ed entro lo stesso arco di tempo dovrà essere siglata l’intesa con l’Ania per definire «la misura del premio assicurativo del rischio di premorienza» e «i termini e le modalità di adesione da parte delle imprese assicuratrici». In altre parole, il dispositivo dell’Ape volontario potrà decollare tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. Il costo finale del prestito ponte dovrebbe aggirarsi tra il 2,7 e il 2,8% e questo tasso potrà in molti casi ridursi per effetto della detrazione fiscale prevista dalle norme originarie sull’Ape dell’ultima legge di bilancio (il 50%).
Tornando sulla retroattività, che era stata “chiesta” dal Consiglio di Stato, il lavoratore che avrà maturato i requisiti per accedere all’anticipo volontario tra il 1° maggio e la data di attuazione del decreto potrà richiedere entro sei mesi dall’entrata in vigore del Dpcm «la corresponsione di tutti i requisiti arretrati maturati».
Sempre per recepire le indicazioni di palazzo Spada sono stati introdotti alcuni accorgimenti per assicurare maggiore trasparenza nei contratti da stipulare con le banche. In particolare, è stato precisato che le eventuali controversie tra richiedente e istituto finanziatore sulla domanda e sul contratto di finanziamento potranno essere affrontate con sistemi alternativi di risoluzione da definire con l’accordo quadro.
Nella richiesta di finanziamento si dovrà poi tenere conto degli altri debiti pluriennali (ad esempio il “mutuo-casa”).
L’ammontare massimo della quota mensile di Ape usufruibile dovrà essere tale da determinare una rata che, sommata a eventuali altre rate per prestiti già contratti con ammortamento superiore alla durata dell’Anticipo, «non risulti superiore al 30% dell’importo mensile del trattamento pensionistico».
Nel testo finale è stata poi eliminata l’indicazione che non possono accedere all’Ape i soggetti che maturano il diritto alla pensione di vecchiaia entro sei mesi dalla presentazione della domanda. La durata minima di erogazione dell’Ape resta comunque di sei mesi come previsto dalla legge di Bilancio.
Soddisfazione è stata espressa dal sottosegretraio alla Presidenza, Maria Elena Boschi: «Molti italiani potranno andare in pensione prima. Una misura frutto dell’ascolto delle necessità dei cittadini». Ma per la Cgil l’Ape volontaria è uno strumento «oneroso per lavoratori» e «tutt’altro che operativo».
© Riproduzione riservata