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Piccoli Comuni, mille progetti puntano al «bonus»

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Piccoli Comuni, mille progetti puntano al «bonus»

Un successone, che ora però va gestito. Può essere letto così il mare di domande arrivate al ministero dell’Interno per il «bonus-progetti», una misura sperimentale introdotta dalla manovrina correttiva di primavera nel tentativo di superare uno dei (molti) ostacoli che bloccano gli investimenti pubblici: la difficoltà, appunto, di progettare, soprattutto nei piccoli Comuni.

Per fluidificare questa fase, il decreto ha introdotto un fondo, 5 milioni quest’anno, 15 il prossimo e 20 per il 2019, riservandolo in via sperimentale ai 704 Comuni classificati a rischio sismico 1, quelli cioè dove possono verificarsi i terremoti più forti. Il termine delle domande è scaduto venerdì, e i Comuni hanno messo sul tavolo circa mille progetti (ogni ente poteva presentarne più di uno) con un tasso di risposta superiore a ogni aspettativa. L’interesse, insomma, è ai massimi, ma anche il rischio dispersione è alto, perché a voler finanziare tutto ci sarebbe una mini-dote media da 5mila euro a progetto.

Saranno Viminale ed Economia a decidere come distribuire i fondi, all’interno di un ordine di priorità fissato dalla norma (articolo 41-bis del Dl 50/2017) che privilegia i progetti esecutivi o definitivi dei Comuni fino a 3mila abitanti e gli interventi per la riqualificazione antisismica degli immobili pubblici. Una corsia preferenziale va prevista per gli enti che nell’ultimo consuntivo presentano l’incidenza maggiore del fondo cassa rispetto al risultato di amministrazione.

Questo parametro serve a indirizzare le risorse ai progetti che possono tradursi meglio in spesa effettiva, e lo stesso obiettivo dovrebbe essere seguito ora nelle decisioni operative su quali progetti finanziare. Un lavoro non facile, tanto più per assegnare solo 5 milioni di euro, che potrebbe spingere a qualche correttivo in manovra con l’obiettivo di attivare una pre-selezione più puntuale.

Sempre in fatto di mini-enti, potrebbe essere la volta buona per chiudere la storia infinita del disegno di legge sui piccoli Comuni, che da tre legislature tenta la sorte senza successo. L’ultimo testo, che unifica le proposte di Ermete Realacci (Pd) e di Patrizia Terzoni (M5S), è stato approvato dalla Camera a settembre, e arriva domani all’Aula del Senato accompagnato da un accordo politico per evitare emendamenti.

Se così sarà, la settimana prossima dovrebbe esserci l’ok definitivo al provvedimento, che istituisce un fondo da 100 milioni in sette anni (10 milioni nel 2017) per gli investimenti di riqualificazione di infrastrutture e immobili abbandonati e punta ad aiutare lo sviluppo della banda larga e il mantenimento dei servizi (a partire da quelli postali) nelle aree interne più a rischio di abbandono. I soldi del fondo potranno essere utilizzati dai Comuni anche per l’acquisto di case cantoniere o stazioni ferroviarie abbandonate, per inserirle in circuiti di «turismo lento», o di immobili in stato di abbandono per attivare iniziative di ripopolamento dei piccoli centri.

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