La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 8, comma 1, lettera c della Tariffa prima parte allegata al Dpr 131/1986 nella parte in cui assoggetta all'imposta di registro proporzionale dell’1%, anziché in misura fissa, anche gli «atti dell'autorità ordinaria e speciale in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio e di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale anche nel caso di accertamento di crediti derivanti da operazioni soggette all'Iva».
La questione era stata sollevata dalla Commissione provinciale di Napoli con ordinanza del 20 maggio 2016, per violazione degli articoli 3, 10, 4 e 53 della Costituzione. Il rimettente osserva che secondo la costante giurisprudenza di legittimità, alla quale intende aderire, la norma impugnata si applica soltanto ai provvedimenti di condanna e per la sua natura di stretta interpretazione non si può estendere agli atti giudiziari che si limitano ad accertare crediti derivanti da operazioni soggette ad Iva, come quella pronunciata in esito ai giudizi di opposizione allo stato passivo dei fallimenti. La norma censurata violerebbe in primo luogo l'articolo 3 della Costituzione per lesione del principio di eguaglianza, in quanto sarebbero irragionevolmente trattate in maniera differenziata le pronunce di crediti derivanti da operazioni soggette ad Iva e le pronunce di condanna al pagamento degli stessi crediti, per i quali la legge prevede l'applicazione dell'imposta fissa. In secondo luogo la norma censurata violerebbe l'articolo 24 della Costituzione per lesione del diritto di difesa sia del creditore che del fallimento, in quanto il primo «non aziona le sue pretese nel giudizio di opposizione» mentre il secondo avrebbe «maggiore convenienza a non coltivare alcun giudizio». Sarebbe violato anche l'articolo 53 della Costituzione per lesione della capacità contributiva in quanto il creditore di una prestazione soggetta ad Iva sarebbe tenuto al pagamento dell'imposta proporzionale anziché fissa. Infine sarebbe violato l'articolo 10 della Costituzione per violazione del principio di concorrenza (garantito anche a livello comunitario) in quanto la norma censurata porterebbe il creditore del fallimento «in una posizione deteriore rispetto a un creditore che agisca contro un debitore non fallito».
L'imposta di registro in misura fissa si applica alle sole pronunce di condanna al pagamento di crediti derivanti da operazioni soggette ad Iva.
Secondo la Corte occorre verificare se, come sostiene il giudice remittente, la ratio del trattamento agevolativo si possa considerare applicabile anche alle categorie delle pronunce di accertamento di crediti derivanti da operazioni soggette a Iva, per le quali l'imposta è negata. L'agevolazione trova il suo fondamento nel principio di alternatività fra imposta di registro e Iva (articolo 40, Dpr 131/1986) diretto ad evitare la doppia imposizione. L'estensione del trattamento agevolativo alle pronunce di accertamento è impedita per diritto vivente dalla natura eccezionale e derogatoria della sua previsione rispetto alle regole generali dell'assoggettamento delle pronunce di condanna all'imposta di registro proporzionale. La censura di irragionevolezza presuppone sempre un giudizio di accertamento con la conseguenza che il legislatore disciplinerebbe in modo diverso situazioni aventi gli stessi presupposti.
Questa decisione è condivisa dalla Corte: il fatto che l'accertamento presuppone sempre il necessario antecedente logico-giuridico della condanna non rende omogenee le fattispecie a confronto. La diversità di effetti che derivano dai due tipi di pronuncia quanto alla realizzazione degli interessi dei creditori, perché solo quelle di condanna sono suscettibili di esecuzione forzata, rientrano nell'ambito dell'Iva qualora dispongono di corrispettivi soggetti a tale imposta.
Tenuto conto della doppia imposizione si deve pervenire a conclusione diversa. Il trattamento non risponde a ragionevolezza qualora l'accertamento, del credito soggetto a Iva sia, come nel caso dell'accoglimento dell'opposizione allo stato passivo, il presupposto necessario e sufficiente della partecipazione del creditore all'esercitazione collettiva. La differenza tra pronuncia d'accertamento e di condanna, da cui la giurisprudenza trae la conclusione dell'implicabilità del regime fiscale agevolato, alle prime tende a sfumare sino a svanire. Di conseguenza deve essere dichiarato incostituzionale l'articolo 8 citato nella parte in cui assoggetta all'imposta di registro proporzionale anziché a misura fissa, anche le pronunce che definiscono i giudizi di opposizione allo stato passivo del fallimento con l'accertamento dei criteri derivanti da operazioni soggette a Iva.
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