Il ministero delle Infrastrutture cerca di “salvare” gli autovelox non fissi dal blocco delle attività paventato dagli enti locali per gli eccessivi costi di taratura: contrariamente a quanto aveva scritto l’11 ottobre, ieri ha inviato a un’azienda del settore un altro parere, nel quale afferma che nei test non è necessario raggiungere la velocità massima di 230 km/h, ma ne è sufficiente una di 70 km/h superiore al limite consentito sulle strade dove s’intende utilizzare la singola apparecchiatura. Ma questa precisazione, pur argomentata, non basta di per sé a evitare rischi di contenzioso: occorre fare i conti con l’unico testo vincolante attualmente in vigore (il decreto 282/2017 emanato il 13 giugno dallo stesso ministero) e con il fatto che ancora oggi i certificati di taratura non attestano a quali velocità vengono svolte le prove.
Il problema nasce dal fatto che il Dm 282 ha reso per la prima volta obbligatori alcuni vincoli all’idoneità tecnica dei misuratori di velocità utilizzati su strada a fini sanzionatori e alla loro possibilità d’impiego. Tra i vincoli, quello di raggiungere i 230 km/h anche nelle verifiche di taratura annuali (quelle successive alla prima, con requisiti meno stringenti rispetto ad essa), salvo giustificate eccezioni (come il fatto che l’apparecchio non sia spostabile - o lo sia con molte difficoltà - perché installato in una postazione fissa per il funzionamento in automatico, cioè non presidiata da agenti). I 230 km/h comportano di fatto la necessità di portare in un autodromo gli apparecchi (che poi sono quelli utilizzati dalle pattuglie per i servizi di controllo temporanei), con un sensibile aumento dei costi della taratura.
Dopo il parere ministeriale dell’11 ottobre che ha confermato l’obbligo di raggiungere i 230 km/h, per giorni vari corpi di polizia e loro fornitori hanno argomentato che invece a quest’obbligo si sarebbe potuto anche derogare. Dopo vari scambi di comunicazioni informali e diffide, ha prevalso la tesi più rigida. A quel punto, alcuni corpi di polizia locale hanno temuto di dover mettere fuori servizio prima gli apparecchi tarati dopo il 1° agosto scorso (data di entrata in vigore dell’obbligo, che invece in questi primi mesi è stato perlopiù ignorato) e poi gli altri, mano mano che i loro certificati di taratura sarebbero arrivati a scadenza. Oltre al problema del puro costo, c’era anche quello di espletare le procedure per ottenere da Comuni e Province di appartenenza le delibere necessarie per ottenere più risorse rispetto a quelle stanziate in bilancio.
Completava il quadro caotico di questi giorni la competizione commerciale tra i fornitori dei corpi di polizia: c’era chi spingeva per un ammorbidimento dell’interpretazione ministeriale, in modo da praticare ai propri clienti prezzi più favorevoli.
Di fronte a tutto questo, il ministero ha elaborato il parere protocollato ieri con il numero 6573. Il parere “si accontenta” di una velocità di prova di 70 km/h superiore al limite imposto sulle strade dove gli apparecchi vengono normalmente impiegati. Questo valore nasce dal fatto che, nel sistema sanzionatorio previsto dall’articolo 142 del Codice della strada, la graduazione in base alla gravità dell’eccesso di velocità ha la sua fascia superiore per gli sforamenti del limite da 60 km/h in su. A 70 km/h si arriva aggiungendo il 5% di tolleranza che per legge va applicato a tutte le velocità rilevate dagli apparecchi di misura.
Sostanzialmente, il parere rimette tutto alla responsabilità del corpo di polizia: se opera in ambito urbano (limiti massimi di 50 km/h o talvolta di 70) e su strade extraurbane non principali (limite di 90 km/h), il ministero ritiene ragionevole una velocità di prova che non superi i 160 km/h. Che in pratica coincide con quelle alle quali finora si è svolta la maggior parte delle tarature.
L’appiglio trovato dal ministero per derogare ai 230 km/h sta in un passaggio del Dm 282: al punto 3.1 dell’allegato, in una parentesi, si parla di «campo di misura o di utilizzo del dispositivo in verifica». Il parere chiarisce che il campo di misura è un limite intrinseco dell’apparecchio, che non di pende dalla strada su cu esso viene fatto funzionare; il campo di utilizzo, invece, è «condizionato dall’ambito territoriale in cui opera l’organo di polizia» o da «una scelta operativa dello stesso organo» (che in pratica seleziona le strade su cui effettuare i controlli di velocità).
Fin qui l’interpretazione del ministero. Ma, quando i prevedibili ricorsi cominceranno ad arrivare sui tavoli dei giudici di pace, le sentenze dipenderanno da come il testo del Dm 282 sarà interpretato dai magistrati, il cui convincimento non di rado prescinde dalle opinioni dei dicasteri. Altrettanto prevedibilmente, il parere ministeriale farà “più presa” fra i funzionari prefettizi che saranno chiamati a decidere sui ricorsi presentati alle Prefetture.
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