A più riprese il legislatore tributario insegue il miraggio di un ordine sistematico della disciplina fiscale, scontrandosi con lacune, incertezze, incoerenze, nuove realtà ed esigenze di rimaneggiare o rinnovare i testi normativi, favorendo in tal modo chi, in questo mai sopito divenire, è pronto a insinuarsi nelle inevitabili “pieghe legislative”, con propositi di evasione o, peggio, di frode.
Un caso indicativo è rappresentato dall’articolo 8, comma 2, della legge 212/2000 (cosiddetto statuto dei diritti del contribuente): la prima parte della disposizione, in cui è sdoganato “l’accollo del debito d’imposta altrui”, è frutto dei lavori della Camera dei deputati – VI commissione permanente Finanze - che, nell’ottica di un nuovo rapporto collaborativo fra amministrazione e contribuente, e al fine di fronteggiare sia i lunghi tempi di percezione dei rimborsi, sia l’esigenza di tempestiva esazione dei tributi, ha generalizzato la compensazione interna, cioè da parte dello stesso soggetto, intervenendo altresì sul dibattito dottrinale e giurisprudenziale dell’epoca per consentire l’accollo, vale a dire la compensazione dei debiti di un contribuente con i crediti di un altro.
I dubbi
Invero, già nel corso dei lavori parlamentari, la commissione Giustizia, nel suo parere, rappresenta opportunamente come tale disposizione dovrebbe escludere le persone giuridiche a responsabilità limitata, paventando così fenomeni di frode. Tuttavia, il suggerimento non è stato accolto e con buona pace della “coscienza fiscale”, il governo ha preferito specificare, nella seconda parte del testo, l’esclusione della liberazione del debitore originario (soggetto passivo del rapporto tributario). Inoltre, nel proseguimento del articolo 8, il legislatore, che da una parte ha inteso fissare solo principi ordinamentali e dall’altra, di fatto, ha introdotto norme specifiche, rinvia alla disciplina regolamentare le relative disposizioni di attuazione.
Disposizioni mai emanate
Trascorsi ormai 17 anni, tali disposizioni ancora non sono state emanate. Nei primi anni è stata pressoché pacifica, in attesa delle norme attuative, l’inapplicabilità dell’articolo 8; in seguito, le commissioni tributarie prima e poi il giudice di legittimità (Cassazione, sentenza 22872 del 25 ottobre 2006) hanno ritenuto la disciplina regolamentare di rinvio non necessaria per l’applicazione delle norme in questione, ma semplice attribuzione di una facoltà all’amministrazione finanziaria, il cui mancato esercizio avrebbe comportato l’utilizzo dei principi generali civilistici in materia di compensazione.
Orbene, a oggi, nonostante alcune posizioni di prassi contrarie, compensazione e accollo di debiti tributari sono istituti operanti nella realtà economica.
Tuttavia, l’accollo, non esattamente corrispondente alla fattispecie civilistica, pone diversi dubbi interpretativi (ad esempio l’esistenza del privilegio generale e la possibilità di adesione dell’amministrazione finanziaria sono questioni tuttora dubbie). Ancor più grave è il fenomeno evasivo testimoniato da numerosi articoli di cronaca in diverse regioni.
Le conseguenze negative
Difatti, senza applicazione dei vincoli procedurali in materia di cessione del credito tributario (atto notarile, notifica all’amministrazione finanziaria, assenza di ruoli in capo al cedente eccetera), l’accollo di debiti fiscali è realizzato con una semplice scrittura privata e la trasmissione telematica del modello F24, in cui è indicato il debitore soggetto passivo come intestatario e l’accollante che procede alla compensazione.
Si sono così diffuse strutture societarie fittizie, ove, con l’ausilio di professionisti compiacenti al rilascio del visto di conformità, si creano falsi crediti tributari, da mettere sul mercato e conseguire ingenti guadagni (dell’ordine di milioni di euro), giacché nonostante i molteplici presidi a tutela delle ragioni erariali (carattere cumulativo dell’accollo, possibilità di escussione di polizza fideiussoria, sequestro dei beni o per equivalente) è di tutta evidenza come solo un controllo tempestivo può consentirne un proficuo utilizzo.
La possibile soluzione
In dottrina, è stata ancora evocata l’emanazione del decreto attuativo che, con estensione della procedura per la cessione dei crediti, tuteli maggiormente l’Erario.
In realtà, pare ormai opportuno prendere atto delle rilevanti lacune normative venutesi a creare in materia, non facilmente risolvibili e, in ogni modo, di come assai più utile sarebbe destinare le risorse necessarie per un così ampio controllo all’accelerazione dei tempi di rimborso, con abrogazione della disposizione sull’accollo tributario.
Una scelta coraggiosa ma difficile da eludere se non si vuole favorire una nuova frontiera dell’evasione, in mancanza di rilevanti benefici per il mercato.
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