È congrua la quota di 200mila euro disposta a favore di una coppia di genitori per risarcire la morte di una figlia dopo un solo anno di vita, a causa di una grave malattia congenita (sindrome di Goldenhar) non rilevata dall'ecografia, durante la gravidanza. La cifra - secondo i giudici di Cassazione - è in grado di compensare tutte le conseguenze derivanti da una tragedia come la perdita di un figlio: dal danno parentale al dolore.
Il caso affrontato nella sentenza 29333 del 7 dicembre individua come colpevole un medico ecografista romano, accusato di mancata diagnosi. Durante l'ecografia effettuata durante la ventiduesima settimana di gestazione, egli aveva omesso di effettuare alcune visualizzazioni e misurazioni che - preso atto delle malformazioni del feto - avrebbero consentito alla madre di autodeterminarsi in merito all'opportunità, o meno, di abortire.
La bambina nacque “in penose condizioni di salute” e morì, a un solo anno di vita, dopo atroci sofferenze. Provati dalla tragedia (tragedia che sconquassò anche le loro vite: la madre dovette abbandonare il lavoro per seguire la neonata), i genitori valutarono “incongrua del danno parentale” la quota di 200mila euro disposta a titolo di risarcimento dalla Corte di appello di Roma: solo 37 mila euro in più rispetto al minimo previsto dalle tabelle del Tribunale di Milano.
Non ha trovato alcuna soddisfazione la richiesta di vedere risarciti tutti pregiudizi - patrimoniali e non - subiti, nonostante l'ampia documentazione medica presentata dai due giovani genitori e attestante i gravi scompensi psicologici. Non ha trovato ascolto neppure la richiesta di risarcimento per la “differenza di dolore” subita: un'espressione piuttosto discutibile con cui avvocati e giudici hanno dovuto necessariamente confrontarsi per far riflettere sui differenti strascichi emotivi che possono avere sulla psiche di una madre una interruzione di gravidanza e la morte di una figlia nata e morta dopo un anno.
Con la freddezza tipica del mondo del diritto, i giudici hanno quantificato in 120mila euro (60%) il risarcimento spettante alla madre (considerato il dolore «preminente») e in 80mila euro quello dovuto al padre.
Nessun risarcimento per la bambina, dal momento che la richiesta dei danni da parte dei ricorrenti è arrivata iure proprio e non iure hereditatis.
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