Con il via libera del Senato nello stesso testo uscito dalla Camera (180 sì, 71 no e 6 astenuti), il biotestamento è legge. La norma che consente al malato terminale di rifiutare le cure passa grazie all’insolito asse tra Pd, M5S e sinistra e spacca il mondo cattolico. Divisa al suo interno persino l’Associazione medici cattolici (Amci) con il vicepresidente che preannuncia una «forte obiezione di coscienza» e la sezione milanese della stessa associazione che prende posizione in favore della legge. Fortemente contrari i vescovi che la ritengono una norma «inadatta ai sofferenti».
Esulta il premier Paolo Gentiloni: «Quella del Parlamento è una decisione che fa fare un passo avanti a tutti in termini di civiltà per il Paese e di dignità per la persona umana». E si intestano la vittoria anche Matteo Renzi e Luigi Di Maio. Si espongono anche i presidenti delle Camere Laura Boldrini e Pietro Grasso. Quest’ultimo si proietta in avanti sperando si trovi una finestra per approvare «lo ius soli».
In Parlamento a scagliarsi contro la legge sono soprattutto i cattolici di Idea con Eugenia Roccella e Gaetano Quagliariello che intravedono nella possibile sospensione di idratazione e alimentazione «la “via italiana all’eutanasia”. Una tesi rigettata dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin che, pur non scaldandosi per questa legge esclude che si configuri come una prima tappa verso l’eutanasia: «Avrei preferito che ci fosse stato il modo di trovare soluzioni a delle problematiche tecniche e questo purtroppo non c’è stato. Ritengo però che ora che è stata approvata la legge si debba rafforzare ancora di più il rapporto tra medico e paziente perché non dobbiamo creare alcun meccanicismo» commenta. Sul fronte opposto i Radicali, con Emma Bonino e Mina Welby presenti ed emozionati al momento dell’approvazione. Così come Beppino Englaro, il padre della giovane Eluana, rimasta in stato vegetativo per oltre 17 anni: «Non dovrà esserci mai più una tragedia nella tragedia come quella di Eluana - commenta -: questo è un giorno importante per i diritti e le libertà di tutti».
La nuova legge riguarda la vita di tutti, giovani e meno giovani. Il testamento biologico non è un atto obbligatorio, è sempre revocabile e modificabile. È un ampliamento delle libertà personali in direzione di una piena autodeterminazione anche in tema di salute. L’invecchiamento della popolazione italiana è un dato di fatto strutturale. Gli italiani vivono e vivranno sempre più a lungo, ma con più anni di invalidità, come ha spiegato l’Organizzazione mondiale della sanità. Un Paese vecchio è più esposto a malattie neurodegenerative e a demenze. Già oggi un milione di italiani è affetto da Alzheimer e altre malattie che portano alla perdita delle facoltà cognitive. I numeri sono destinati a triplicarsi nei prossimi 40 anni. Un boom di pazienti non più in condizioni di decidere sul proprio fine vita. Chi deciderà per loro quando sarà il momento? La legge serve a questo. La norma, nelle intenzioni di chi l’ha scritta, rinsalda l’alleanza tra medico e paziente, perché porta chiarezza sul da farsi quando le chance di guarigione sono finite.
E una cornice di regole gioverà all’organizzazione sanitaria, come spiega Francesco Ripa di Meana, presidente Federazione Italiana Aziende Sanitarie ed Ospedaliere: «Indicazioni certe porteranno più fiducia nella relazione medico-paziente e questo farà bene al clima in corsia. I medici ogni giorno operano delle scelte, davanti a un biotestamento potranno farlo con più serenità». Per questo la leader degli ordini dei medici (Fnomceo), Roberta Chersevani, ha chiarito che nella legge si ritrovano principi che derivano dallo stesso Codice deontologico dei camici bianchi,che non sono chiamati a dire no alla vita, ma a evitare l’accanimento terapeutico. Fatta salva l’autonomia del medico che può fare obiezione di coscienza. Proprio su questo diritto del medico, la legge entra nel dettaglio per evitare ciò che succede da 40 anni con l’applicazione della legge 194 sull’interruzione di gravidanza, dove l’obiezione di coscienza è diventato il grande ostacolo all’erogazione dei servizi in tutto il Paese. «La regolamentazione del fine vita è l’ideale completamento delle legge sulla donazione dei trapianti che ha fatto fare un balzo in avanti alla cultura dei diritti e inserito un principio di solidarietà» ha commentato Giuseppe Vanacore, presidente dell’associazione dei pazienti dializzati e trapiantati (Aned).
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