Alla Corte di giustizia Ue un punto per uno tra il cittadino austriaco Maximilian Schrems e Facebook: gli eurogiudici (sentenza nella causa C-498/16 Maximilian Schrems / Facebook Ireland Limited, comunicata oggi) hanno riconosciuto al signor Schrems il diritto a citare in giudizio una controparte straniera nel suo Paese, facendo valere il “foro del consumatore”. Nella stessa sentenza, tuttavia, i giudici di Lussemburgo negano a Schrems di rappresentare altri utenti.
Il caso
Schrems dal 2010 contesta a Facebook la violazione di diverse disposizioni in materia di protezione dei dati relativamente al suo account Facebook privato e agli account di altri sette utilizzatori che gli hanno ceduto i loro diritti per agire. «Questi altri utilizzatori - riassume il comunicato stampa diffuso ieri dalla Corte Ue - sarebbero anch'essi consumatori e abiterebbero in Austria, in Germania o in India. Schrems desidera, in particolare, che la giustizia austriaca dichiari invalide talune clausole contrattuali e condanni Facebook, da un lato, a cessare l'uso dei dati controversi per fini propri e per fini di terzi e, d’altro lato, a pagare il risarcimento dei danni».
Secondo Facebook i giudici austriaci non erano internazionalmente competenti e Schrems non poteva far leva sulla norma Ue che consente ai consumatori di citare in giudizio una controparte contrattuale straniera dinanzi ai giudici del loro domicilio («foro del consumatore»). Il punto paradossale dell’intera vicenda è che Schrems utilizza proprio il social network per diffondere la sua attività e agire contro Facebook. Ne deriverebbe - sempre secondo la tesi sostenuta da Facebook Ireland - un uso del social “anche per fini professionali”.
La decisione
La Corte Ue ha chiarito che «l’utilizzatore di un account Facebook privato non perde la qualità di “consumatore” allorché pubblica libri, tiene conferenze, gestisce siti Internet, raccoglie donazioni e si fa cedere i diritti da numerosi consumatori al fine di far valere in giudizio tali diritti. Il foro del consumatore non può essere invece invocato per l'azione di un consumatore diretta a far valere, dinanzi al giudice del luogo in cui egli è domiciliato, non soltanto diritti propri ma anche diritti ceduti da altri consumatori domiciliati nello stesso Stato membro, in altri Stati membri oppure in Stati terzi».
L’attività anti-Facebook condotta da Schrems non fa venir meno la qualifica di consumatore. La Corte Ue spiega che “il foro del consumatore, in linea di principio, si applica solo nell'ipotesi in cui la finalità del contratto concluso tra le parti abbia ad oggetto un uso non professionale del bene o del servizio interessato”. Tuttavia, per i servizi di una rete sociale digitale «che hanno tendenza ad essere utilizzati durante un lungo periodo, occorre tener conto dell'evoluzione ulteriore dell'uso che viene fatto di tali servizi».
© Riproduzione riservata