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Miani: con la fatturazione elettronica a luglio rischio ingorgo fiscale

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Telefisco 2018

Miani: con la fatturazione elettronica a luglio rischio ingorgo fiscale

Sulla fattura elettronica tra privati sarebbe stato meglio non bruciare le tappe. E puntare su un’introduzione graduale, nel giro di un paio d’anni. Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, nel suo intervento in apertura dell’edizione 2018 di Telefisco, il convegno annuale dell’Esperto risponde del Sole 24 Ore, ha fatto un bilancio sulle novità fiscali più importanti di questi ultimi mesi. Quindi, non solo e-fattura ma anche antiriciclaggio, spesometro, Iva. Con l’invito costante a ridurre il carico di adempimenti sui professionisti.

E-fattura: meglio un’introduzione graduale

La fatturazione elettronica, per Miani, è un «tema centrale per la nostra professione che è stato anticipato già dal primo luglio 2018. Sono curioso di vedere come partirà per i distributori di carburante. Non so se nasceranno ingorghi, sia telematici che stradali». Un atterraggio più graduale sarebbe stato preferibile. «Mi chiedo se valeva davvero la pena anticipare, anche perché nella manovra era già stata introdotta la tracciabilità attraverso la spesa con carta di credito».

Spesometro: per i professionisti costo di 113 milioni

I commercialisti «non sono contrari. Abbiamo solo paura di arrivare a questi adempimenti importanti senza essere preparati». Lo spesometro «ne è stata la dimostrazione. Bisogna essere pronti e non dovere per forza anticipare i tempi. L’introduzione graduale nel giro di un paio d’anni sarebbe stata la cosa più saggia da fare». Proprio sullo spesometro, Miani ha sottolineato che «anche se ha portato dati utili per la lotta all’evasione», bisogna sempre «confrontare i costi con i benefici».

In altre parole, a sopportare il costo reale dell’adempimento sono stati soprattutto i commercialisti. «Questo adempimento, infatti, per effetto del forfait sui nostri servizi, non è stato fatturato da un terzo degli studi in Italia, al Sud dai due terzi. Significa un costo per i commercialisti di 113 milioni di euro, 1.600 euro a studio».

Antiriciclaggio: gli studi non sono banche

Il tema del peso eccessivo sugli studi professionali riguarda anche l’antiriciclaggio. Sulla normativa in materia c’è stato «un dialogo con il Mef» che però «non ha portato a grandi risultati». Secondo Miani, «è evidente che i professionisti hanno una funzione pubblica ma sembra che manchi la percezione di quelle che sono le attività. Molti lavorano in studi piccoli. Invece in questi documenti si parla di presidi organizzativi. Non ci si rende conto che non siamo le banche e non si può addossare tutto su di noi». In generale, c’è l’impressione «di un castello di adempimenti formali e la sostanza non è considerata».

Deriva sugli strumenti informatici

Per Miani, allora, c’è «una deriva sugli strumenti informatici e viene abbandonata la funzione di controllo. Bisogna trovare un punto di equilibrio». Considerando che temi come la fatturazione elettronica e lo spesometro restano non risolti, «non dobbiamo basare la lotta all’evasione solo su questi strumenti». Infine, una battuta sul proliferare della nuova figura professionale dell’escapologo fiscale. «Se in questo paese parliamo di lotta all’evasione e poi facciamo gli eventi al Senato con l’escapologo fiscale, come se si parlasse di una magia, siamo diventati davvero un paese un po’ strano».

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