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I benefici effetti della legge Pinto sulla durata dei processi

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giustizia

I benefici effetti della legge Pinto sulla durata dei processi

Una legge nata (anche) per scongiurare la mole sempre più imponente di ricorsi alla Corte dei diritti dell’uomo per l’eccessiva durata dei processi. E poi gradualmente circoscritta. La legge Pinto, approvata nel 2001, ha prodotto già nei primi anni effetti significativi. Con allarmi frequenti dei vertici degli uffici giudiziari.

Nel 2010, per esempio, l’allora presidente della Cassazione Vincenzo Carbone già considerava improcrastinabile una revisione delle norme di pochi anni prima, corroborando la richiesta con una serie di dati: i ricorsi presentati dalle vittime della giustizia lumaca avevano toccato il numero di 37.393 procedimenti arretrati, con riferimento ai primi 6 mesi del 2009 e con un aumento del 43,1% rispetto al medesimo periodo del 2008 quando ne risultavano giacenti 26.132. Con l’effetto di mettere alle corde le Corti d’appello, presso le quali va presentata la domanda di risarcimento e di fare crescere il debito pregresso.

Di qui l’introduzione negli anni successivi di un pacchetto di condizioni alle quali, sulla base della natura del procedimento, subordinare la procedibilità della richiesta di indennizzo per eccessiva durata. Dopo peraltro avere recepito con qualche resistenza i parametri europei di durata, oggi fissati in sei anni complessivi (tre per il primo grado, due per l’appello, uno per la Cassazione).

In particolare, nel processo civile il rimedio preventivo è rappresentato dalla proposizione del giudizio con rito sommario o dalla richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito sommario fatta entro l’udienza di trattazione e, in ogni caso, almeno sei mesi prima che siano trascorsi i tre anni del primo grado di giudizio. In caso di impossibilità del rito sommario di cognizione, anche in secondo grado, il rimedio preventivo è rappresentato dalla richiesta di decisione con trattazione orale da presentare sei mesi prima del termine di ragionevole durata del processo.

Nel processo penale il rimedio preventivo è rappresentato da un’istanza di accelerazione da presentare almeno 6 mesi prima della scadenza del termine di durata ragionevole.

E gli effetti si sono visti. Anche per effetto della “ricetta Barbuto” che ha sollecitato gli uffici giudiziari civili a concentrare gli sforzi di smaltimento delle cause a rischio Pinto. In questi anni l’arretrato ultratriennale dei tribunali civili è sceso di oltre il 38%, passando da quasi 650mila casi pendenti a 403mila. Gli affari ultrabiennali in appello sono passati da 198mila a 126mila, una riduzione del 37 per cento.

Per la prima volta dal 2015 il debito dello Stato nei confronti dei cittadini per indennizzi Pinto è sceso. I fattori di questo miglioramento, sottolinea il ministero, sono due: si riducono le cause a rischio indennizzo ed è stato varato un piano straordinario per accelerare i pagamenti.

Grazie a questo lavoro il debito si è ridotto da 456 milioni a 336 milioni, un taglio del 27 per cento. Il piano straordinario ha ridotto dell’80% i ricorsi in ottemperanza davanti al giudice amministrativo, evitando inoltre azioni esecutive stimabili in circa 8 milioni di euro.

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