Il sistema di controllo della velocità Tutor è stato spento, verosimilmente in attesa degli sviluppi del contenzioso che il 10 aprile ha visto la Corte d’appello di Roma condannare Autostrade per l’Italia (Aspi) per la contraffazione del suo brevetto. Lo si deduce dall’ordinanza con cui ieri la Corte ha respinto l’istanza di Aspi, che chiedeva la sospensione dell’esecutività della sentenza di condanna in attesa che si definisca un ulteriore ricorso della società in Cassazione.
Non è chiaro se la disattivazione del sistema, che è in grado di controllare anche la velocità media, riguardi le sole strade (in prevalenza autostrade gestite da Aspi, ma ci sono anche alcune provinciali) su cui è installata la sua versione originaria o anche quelle dove viene utilizzata la sua variante “semplificata” (nota soprattutto col nome di Vergilius, acquisita soprattutto dall’Anas, per i tratti iniziali dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria e delle statali Aurelia, Domiziana e Romea). Potenzialmente, la questione della contraffazione del brevetto tocca ogni versione del Tutor, tanto da essere già stata sollevata nei confronti del ministero delle Infrastrutture (si veda Il Sole 24 Ore dell’11 aprile).
Con l’ordinanza di ieri, la Sezione specializzata in materia di impresa della Corte d’appello di Roma respinge entrambi i punti su cui si basava l’istanza di Aspi (nella sua doppia veste di fabbricante del sistema - passato successivamente ad Autostrade Tech, dello stesso gruppo - e gestore di buona parte delle autostrade su cui è installato): sicurezza stradale e irreparabilità del danno che la distruzione del sistema comporterebbe se la Cassazione accogliesse l’ulteriore ricorso della società (peraltro, la Suprema corte aveva già affrontato il caso-Tutor nel 2015, rinviandolo in appello e fissando i princìpi in base ai quali è stata poi decisa la condanna del 10 aprile).
Quanto alla sicurezza stradale, la Corte d’appello ha affermato che non è tra gli interessi di cui Aspi si può considerare portatore, «essendo sottoposti alla cura dello Stato». Per questo, devono restare fuori dal giudizio civile sulla contraffazione del brevetto.
Da questo si deduce che lo Stato (attraverso il ministero dell’Interno) dovrebbe promuovere un altro giudizio e non risulta lo abbia fatto. Né l’ordinanza parla dei 500 euro giornalieri di sanzione fissati dalla sentenza del 10 aprile nel caso Polizia stradale e Aspi avessero continuato a utilizzare il Tutor. Inoltre, consultando sul sito ufficiale della Polizia i dati sulle infrazioni rilevate giorno per giorno, si nota che poco più di un mese fa è iniziato un calo che dura a tutt’oggi, nonostante che Aspi subito dopo la sentenza di condanna avesse assicurato che nel giro di tre settimane dal 10 aprile avrebbe messo in regola il sistema. Tutti elementi che consentono di dedurre che il Tutor è stato spento. Né Aspi, né la Polizia hanno rilasciato commenti dopo l’ordinanza di ieri. Ovviamente si rischia che l’incidentalità e la mortalità riprendano a salire, in un periodo in cui già non favorevole.
I giudici hanno anche osservato che Aspi non può nemmeno far leva sui suoi obblighi di gestore della strada sulla sicurezza: l’articolo 14 del Codice della strada parla sì dell’argomento, ma «in generale...sotto il profilo materiale (manutenzione etc)».
Quanto alla possibilità di riparare il danno derivante da un eventuale smantellamento ingiusto del sistema, la Corte afferma che non si può bloccarlo solo perché l’azienda che finora ha vinto in giudizio tanto da essere attualmente riconosciuta unica titolare del brevetto (la Craft) è piccola e quindi potenzialmente non in grado di pagare l’eventuale risarcimento ad Aspi: si violerebbe il principio costituzionale di uguaglianza e comunque il danno non sarebbe esorbitante perché Aspi stessa ha dichiarato che non è necessaria una distruzione fisica ma una semplice disattivazione del software.
Su un punto, comunque, l’ordinanza di ieri è stata favorevole ad Aspi: quello in cui rigetta la richiesta Craft di trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica per avviare un’indagine per il reato di contraffazione. I giudici hanno ritenuto che «le contrastanti decisioni succedutesi nei vari gradi» di questo contenzioso che va avanti da una decina d’anni e il fatto di essere in questa fase del giudizio (istanza urgente) precludano la possibilità di valutare - sia pure sommariamente - il merito della questione.
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