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Per i domiciliari a Brusca la collaborazione non basta

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misure cautelari

Per i domiciliari a Brusca la collaborazione non basta

(Ansa)
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La collaborazione con la giustizia da parte dell’ex boss di “Cosa nostra” Giovanni Brusca, condannato per un centinaio di omicidi, non basta per ottenere i domiciliari se mancano segnali di attenzione verso le vittime nei confronti delle quali l’ex boss non ha mai avanzato proposte di indennizzo. Questa la motivazione che ha portato il Tribunale di Sorveglianza a dire di no alla richiesta di Brusca che sta scontando in carcere una condanna a 30 anni per associazione mafiosa, con fine pena nel 2022, mentre l’ergastolo è stato escluso proprio in virtù dell’importanza della collaborazione, riconosciuta anche dalla Dna, che ha comunque dato parere negativo ai domiciliari. La decisione del tribunale è stata confermata dai giudici della Cassazione i quali hanno ricordato che il “ravvedimento” non può essere presunto, sulla base della sola collaborazione e dall’assenza di attuali collegamenti con la mafia «ma richiede la presenza di ulteriori, specifici, elementi di qualsivoglia natura, che valgano a dimostrare in positivo, sia pure in termini di mera, ragionevole probabilità, l’effettiva sussistenza». Proprio partendo da questo principio la Suprema corte aveva già respinto un’analoga richiesta presentata da Brusca nel 2009.

Per i giudici gli elementi di “resipiscenza” - nel caso di un soggetto della caratura criminale dimostrata da Brusca con la sua pregressa devianza - devono essere sostenuti da «significative manifestazioni di conformazione al quadro ordinamentale e sociale a suo tempo violato» e da concrete iniziative riparatorie, tali da rivelare una seria intenzione di riconciliarsi con la società civile così gravemente offesa. Inutile per la difesa dell’ex membro di Cosa nostra, sottolineare la convinta revisione critica del passato criminale, sottolineando che i domiciliari non possono essere esclusi solo sulla base della gravità, e addirittura dell’atrocità, dei reati commessi, come non possono essere subordinati alle offerte risarcitorie che Brusca, ad avviso dei suoi legali non sarebbe comunque economicamente in grado di sostenere. Per la Cassazione da parte dell’ex vertice dei corleonesi non ci sono ancora “progressi determinanti”, ad iniziare da un gesto concreto di riparazione nei confronti delle vittime neppure di “tipo simbolico”. Giovanni Brusca - ritenuto responsabile di oltre cento omicidi tra cui quello del piccolo Giuseppe di Matteo e del giudice Giovanni Falcone - resta dunque in carcere.

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