Le spese per le vacanze dei figli dei dipendenti sono detraibili ai fini Iva. Lo spiega la Cassazione (ordinanza 22332/18 che ha confermato la correttezza del comportamento di Pininfarina Spa e ha respinto il ricorso delle Entrate) partendo dal nesso configurabile tra i costi sostenuti per i servizi offerti dal datore ai propri dipendenti e il complesso delle attività economiche. Tali costi, ammette la Suprema corte, assumono così «rilevanza quali spese generali connesse al complesso delle attività economiche del soggetto passivo». La possibilità di detrarre l’Iva per gli acquisti destinati al welfare è un tema controverso che torna di attualità con l’ordinanza della Corte di cassazione dopo che la circolare 5/E del 29 marzo scorso ha approfondito gli aspetti di natura reddituale, senza prendere posizione sull’Iva.
La detrazione Iva riguardava le spese per il soggiorno estivo dei figli dei dipendenti, per la formazione del personale di altre società del gruppo e per il trasporto del personale. L’ordinanza, che non cita precedenti di Cassazione, richiama due sentenze della Corte Ue, causa C-29/08 (SKF) e causa C-124/12 (Maritza East). La prima è nota per la correlazione tra l’operazione in acquisto e l’insieme delle attività di impresa. Più vicina al nostro argomento è l’altra sentenza, anche se il relativo tema non ha molto a che fare con la questione specifica: il personale veniva trasportato gratuitamente al luogo di lavoro dalle abitazioni non servite da trasporto pubblico, abbinando pertanto alla utilità per il dipendente una specifica esigenza aziendale. In tal senso si esprime anche la sentenza, C-258/95 del 16 ottobre 1997 (Fillibeck).
Ammesso che sia consentita la detrazione, sulla base delle regole generali del tributo, evocate da questa sentenza, occorre verificare se, in corrispondenza del diritto di detrazione concesso al datore di lavoro, non si debba assoggettare a Iva l’operazione gratuita nei confronti del dipendente. Al riguardo troviamo la risposta nel terzo comma dell’articolo 3 della legge Iva, che non richiede l’applicazione del tributo per l’operazione attiva gratuita, anche con l’Iva a monte detratta, relativamente alle somministrazioni nelle mense aziendali e alle prestazioni di trasporto, didattiche, educative e ricreative, di assistenza sociale e sanitaria, a favore del personale dipendente (intendendo per tale, in base alla sentenza Maritza, anche quello distaccato presso l’impresa da altri datori di lavoro).
Tornando alla sentenza di Cassazione, il soggiorno estivo dei figli dei dipendenti rientra nelle prestazioni ricreative o di assistenza sociale, la formazione in quelle educative, mentre il trasporto è espressamente nominato nella nostra norma.
Diverso è il caso della messa a disposizione del dipendente di un’autovettura o di un telefonino aziendale: l’articolo 13, comma 3, lettera d) stabilisce che l’imposta sia dovuta sul valore normale, nel caso in cui il corrispettivo richiesto al dipendente sia di entità inferiore. Al riguardo non dimentichiamo la risoluzione 6/DF del 20 febbraio 2008: il datore di lavoro può detrarre integralmente l’imposta sugli acquisti, se l’uso da parte del dipendente viene fatturato con Iva (per almeno i 4.500 km di percorso rilevante ai fini del fringe benefit); l’uso senza corrispettivo è invece compreso nel 60% indetraibile.
Tornando al welfare aziendale, specie da quando è possibile chiedere le relative prestazioni al datore di lavoro a titolo di corresponsione dei premi di risultato, sarebbe opportuno che l’amministrazione finanziaria integrasse le precisazioni della circolare 5/E del 2018, consentendo la detrazione dell’Iva per gli acquisti di beni e servizi finalizzati a questi elementi retributivi, e individuando gli altri casi – a nostro avviso del tutto limitati – in cui il datore di lavoro, dopo aver pagato l’Iva, dovrebbe operare la rivalsa nei confronti dei dipendenti.
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