Ci sono quasi 600mila (circa 593.000) partite Iva individuali con fatturato fino a 65mila euro che possono rientrare nell’applicazione
del regime forfetario con flat tax al 15%, rispetto alle attuali soglie di fatturato che oscillano tra i 50mila euro. I titolari
sonocoloro che esercitano attività di commercio all'ingrosso e al dettaglio e attività di alloggio e ristorazione, e 30mila
per i liberi professionisti. Lo segnala l’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili, che ricorda però che in
ogni caso restano escluse le partite Iva individuali che, pur restando sotto la soglia di fatturato massimo, risultano anche
socie di società e associazioni professionali e/o utilizzano beni strumentali per un valore superiore a 20mila euro e/o sostengono
spese per dipendenti e collaboratori in misura superiore a 5mila euro annui. Ma sono comunque circa 1 milione le partite IVA
che, a legislazione vigente, già si avvalgono del regime forfetario con flat tax al 15%.
«La flat tax come modello di tassazione sganciato dal regime forfetario andrebbe benissimo e sarebbe un vero aiuto alle partite
Iva – osserva Massimo Miani, presidente del Cndcec –, ma un sistema che si limita ad ampliare la soglia di fatturato del regime
dei minimi è invece altamente distorsivo, perché crea il paradosso di premiare, anche a parità di fatturato, le partite Iva
che non si aggregano, che non investono e che non assumono, penalizzando invece quelle che fanno anche una soltanto di queste
tre cose importantissime affinché le attività crescano e con esse l'economia. Per questo, la scorsa settimana, in occasione
dell'audizione avanti la Commissione Finanze del Senato, abbiamo detto con chiarezza che, senza correttivi, l'operazione che
il governo vuole mettere in campo rischia di determinare degli effetti distorsivi estremamente dannosi, pur partendo dalle
migliori intenzioni».
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