La disciplina della riscossione del contributo unificato tributario torna all’attenzione della Corte costituzionale, a seguito di un’ordinanza della Ctp di Messina, risalente al 2 settembre 2016, ma pubblicata solo ora in Gazzetta ufficiale (Serie speciale n. 34 del 29 agosto 2018). A norma dell’articolo 14 del Dpr 115/2002 (Tusg, Testo unico spese di giustizia), il ricorrente deve pagare, all’atto del deposito del ricorso introduttivo, il contributo unificato; il valore della lite deve risultare da una dichiarazione di parte nelle conclusioni del ricorso, in mancanza della quale si applica il contributo nella misura stabilita per gli scaglioni del processo tributario.
La questione di legittimità costituzionale sollevata riguarda l’articolo 248, comma 2 del Tusg. In caso di mancato pagamento, l’ufficio notifica alla parte, ai sensi dell’articolo 137 Cpc, l’invito al pagamento dell’importo dovuto, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, con addebito di interessi al saggio legale. L’invito è notificato nel luogo del domicilio eletto o, in assenza di elezione di domicilio, presso l’ufficio. Quindi, nel caso scrutinato dalla Commissione, l’invito di pagamento rivolto al solo domicilio eletto determinerebbe la regolarità della procedura, nonostante la parte interessata non abbia ricevuto alcun personale avviso di un contributo ritenuto di pacifica natura tributaria, tanto da essere attratto nella giurisdizione tributaria (73 / 2005), come ribadito anche dalle Sezioni unite della Cassazione (9840/2011).
La Ctp di Messina, trattando un caso di mancata indicazione del valore della lite da parte del ricorrente e di conseguente invio al domicilio processuale eletto di intimazione di pagamento, sottolinea che, ove l’intimazione fosse stata direttamente conosciuta dalla ricorrente, sarebbe stato possibile evitare la rideterminazione del contributo - da 120 euro dovuti e non versati a 1.500 euro - e l’applicazione della sanzione del 200% sull’importo rideterminato.
La disciplina appena esposta, in una commistione tra processo e procedimento tributario (articolo 248, comma 2 Tusg), contrasterebbe con diversi principi costituzionali: non sarebbe consentita un’adeguata conoscenza diretta da parte del contribuente degli atti prodromici al processo (articolo 24 Costituzione); non sarebbe garantita un’effettiva conoscenza degli atti amministrativi (articolo 97, comma 2 Costituzione); infine, non sarebbe garantito il contraddittorio del giusto processo (articolo 111, Costituzione).
È sembrato alla Commissione che si sia in presenza di un «caso scolastico di carenza informativa» che determinerebbe un procedimento gravemente sanzionatorio «certamente evitabile» – dice la Ctp – se solo «la norma avesse disposto che la notifica dei preavvisi e della stessa liquidazione dovesse essere preventivamente indirizzata al domicilio proprio della parte e non a quello eletto ai soli fini processuali». Ma ciò che sembra alla Ctp contrasta con la realtà di un atto volontario, qual è l’elezione di domicilio del soggetto che consapevolmente lo assume per ogni conseguente – anche grave - notifica inerente quel processo. La questione appare, perciò, palesemente infondata.
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