Pace fiscale e pace contributiva. La sanatoria del Governo sta prendendo forma. Ancora non si sa in che misura e attraverso quali modalità verrà previsto lo sconto per chi si vuole mettere in regola con il Fisco e (forse) anche con l’Inps. Quel che è certo, però, è che la febbre da condono per i contribuenti in difficoltà con l’Erario è già cominciata.
Il dato è chiaro. La pace fiscale ha conquistato, insieme a flat tax, quota 100 e reddito di cittadinanza, il centro della discussione. Ma la pace fiscale è, insieme al reddito di cittadinanza, il nervo scoperto più rilevante nel rapporto fra le forze di Governo.
Non è un caso che il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, abbia chiarito che nel decreto legge che conterrà la sanatoria ci sarà anche una stretta penale contro l’evasione. Sul tavolo c’è, infatti, il tabù dei tabù: si scrive “pace fiscale” ma si deve leggere condono?
Se si cerca una risposta teorica ci si scontra con interpretazioni differenti. Tanto più che la “pace” non ha ancora caratteristiche chiare. Una certezza, però, c’è. E riguarda la percezione del provvedimento che, per i contribuenti, è inequivocabilmente un condono.
Lo è per i contribuenti che non lo vogliono, che ritengono di essere ancora una volta presi in giro dallo Stato che consente a chi non ha pagato le imposte di rifarsi una reputazione fiscale con una serie di sconti. Mentre finisce per non premiare, anzi per punire, chi paga fino all’ultimo centesimo. Lo è per i contribuenti finiti nella morsa della grande crisi e in difficoltà nel tenere il ritmo dei versamenti al Fisco, anche su somme dichiarate. Che hanno bisogno di una via di uscita dalla spirale del ritardo permanente nei versamenti. E lo è per i contribuenti che da mesi chiedono ai professionisti che li assistono come si potrà usufruire del perdono; se conviene continuare a versare per le rottamazioni in corso oppure se è meglio aspettare la pace fiscale. Contribuenti che stanno studiando complicate strategie per usare le “nicchie” di una legge che ancora non c’è per mettersi in regola con il Fisco.
Se i tecnici, infatti, discutono se si abbia condono solo quando venga tagliata l’imposta originariamente dovuta oppure si abbia anche quando vengono tagliati solo interessi e sanzioni, la macchina si è messa in movimento da tempo e l’attesa per il perdono fiscale sta salendo.
Sono strani, condoni e sanatorie. Da una parte, infatti, il solo avvicinarsi di un provvedimento clemenziale accende l’attenzione di chi ha qualche peccato fiscale da farsi perdonare. Dall’altra, inoltre, suscita l’entusiasmo anche di chi li propone. Che, in genere, garantendo che questa sanatoria sarà l’ultima, che servirà a chiudere un passato caratterizzato da un rapporto difficile con il Fisco, si frega le mani scommettendo su grandi incassi. Poco importa, poi, che talvolta le somme promesse non vengano realmente pagate. E questa volta sui risultati peserà anche la necessità (lo vuole l’Europa) di non comprendere l’Iva fra le imposte sanabili.
Va ricordato, poi, che il condono ha un ulteriore aspetto. Alimenta l’attesa per una catena continua di perdoni, che si succedono l’uno all’altro. E se perdonare è facile, diventa più facile anche peccare. Insomma, per i contribuenti, le aziende e i professionisti in regola, fra perdoni frequenti, norme difficili da interpretare, aliquote elevate e spesso lontane dalla realtà, scadenze ballerine, incapacità di cogliere le difficoltà reali nel far fronte ai debiti tributari, l’adempimento puntuale diventa qualcosa di quasi eroico.
Se questo è il quadro l’equilibrio è difficile. E passa per una linea sottile. Si tratta di evitare che, nel prendere forma, il condono annunciato diventi un premio per chi vive sempre sull’onda del perdono all’infedeltà fiscale. Senza dimenticare, però, di trovare una via perché chi vive i colpi di coda della grande crisi possa tornare in regola, come si è cercato di fare con qualche errore e buoni risultati con la rottamazione.
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