Si riapre il dossier sulla revisione delle sanzioni per l'emissione di assegni da mille euro a salire sprovvisti della clausola
di non trasferibilità. A dare nuovo impulso alla ricerca di una soluzione su un tema che aveva tenuto banco allo scadere della
scorsa legislatura è una norma contenuta nella proposta di legge della maggioranza sulle semplificazioni fiscali (atto Camera
1074) che ha come prima firmataria la presidente della commissione Finanze di Montecitorio, Carla Ruocco (M5S). E proprio
in occasione della risposta a un'interrogazione presentata dal collega pentastellato Nicola Grimaldi è arrivata un'apertura
da parte del Mef. La risposta letta mercoledì 10 ottobre in commissione Finanze alla camera dal sottosegretario a via XX Settembre,
Alessio Villarosa (M5S), precisa che si «ritiene condivisibile l'adozione di un intervento correttivo» della norma in questione
(decreto legislativo 231/2007, articolo 63). Intervento che punta a ridurre «l'entità del minimo sanzionatorio, attualmente
fissato a 3.000 euro, affinché sia garantita la proporzionalità tra entità della sanzione e gravità della sanzione per la
quale essa è irrogata».
La riduzione del minimo a 300 euro
Proprio la proposta di legge sulle semplificazioni fiscali, come ricorda la risposta del Mef, «prevede l'abbassamento del
minimo sanzionatorio a 300 euro e la contestuale configurazione di una causa di non punibilità per emissione di assegni bancari
e postali privi della clausola di non trasferibilità e portati all'incasso dal beneficiario originario». A tal proposito,
però, si sottolinea come gli uffici competenti del ministero stiano svolgendo «i dovuti approfondimenti». La questione di
fondo, secondo la risposta, risiede comunque nella necessità di «evitare che l'introduzione di cause di esclusione della punibilità
incentivi l'emissione di assegni, privi della clausola di non trasferibilità, senza alcuna soglia di importo, contribuendo
così a vanificare la ratio sottesa alle norme» che puntano a garantire la tracciabilità in un'ottica di contrasto all'evasione,
al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo.
Il precedente non andato in porto
Non è la prima volta che si punta a una soluzione del problema sorto con il recepimento della quarta direttiva antiriciclaggio
in vigore dal 4 luglio 2017, quando la sanzione proporzionale per l'emissione di assegni non trasferibili a partire da mille
euro è stata sostituita dalla penalità tra 3.000 e 50.000 euro con la possibilità di oblazione da 6mila a 16.666 euro. Già
nello scorso mese di maggio la revisione delle sanzioni si era fermata alla soglia del Consiglio dei ministri (all'epoca era
ancora in carica il Governo Gentiloni) che aveva approvato definitivamente il testo del decreto sull'utilizzo dei dati antiriciclaggio
da parte delle autorità fiscali. La soluzione messa a punto dai tecnici prevedeva una sanzione del 10% per violazioni fino
a 30mila euro e una struttura come quella attuale oltre tale cifra. Una soluzione che avrebbe spalancato le porte ai rimborsi
per quanti avevano scelto di chiudere i conti con l'oblazione.
Arrivano le prime sanzioni
Ora però, a quanto risulta al Sole 24 Ore, qualche Ragioneria territoriale sta notificando i primi decreti sanzionatori con ingiunzione al pagamento entro 30 giorni. E va ricordato che sono diversi i casi (documentati dal gruppo Facebook «Maxi sanzione per assegno privo del non trasferibile») di chi è incappato nella contestazione per aver usato vecchi blocchetti di assegni privi della clausola di non trasferibilità per spese comuni, dall'acquisto di un componente di arredo al pagamento di onoranze funebri per un familiare deceduto.
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