All'autocertificazione non segue il certificato di vaccinazione e la scuola per l'infanzia sospende dalle lezioni la bimba di cinque anni. I genitori fanno ricorso al Tar che lo respinge e dà ragione alla scuola.
La vicenda finita davanti ai giudici del tribunale amministrativo della Sardegna (sentenza 909/2018) riguarda il caso di una bimba di cinque anni, al terzo anno della scuola per l'infanzia in un centro della provincia del Sud Sardegna. I genitori, alla luce della norma sulla vaccinazione, e «in considerazione del fatto che nelle rispettive famiglie di provenienza sono presenti patologie autoimmuni» ritengono «di avere il dovere di effettuare gli opportuni accertamenti in ordine allo stato di salute della bambina».
Quindi si recano dal pediatra di libera scelta che «valuta positivamente l'indagine pre-vaccinale preavvertendo i ricorrenti che i costi degli esami erano totalmente a loro carico». Una circostanza - affermano i ricorrenti -che «ha di fatto impedito a oggi di sottoporre la bambina a tutti gli esami necessari». L'11 settembre i genitori inviano dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà in cui dichiarano che «è in avvio la procedura tesa a verificare la possibilità di ottenere l'esonero o il differimento delle vaccinazioni di cui all'articolo 1, comma 3 della lex 119/2017 attraverso la richiesta degli esami sierologici dei titoli anticorpali come da elenco che si allega a fine documento».
Nella missiva i genitori scrivono anche di «aver avviato la procedura tesa a verificare la possibilità di ottenere l'esonero o il differimento delle vaccinazioni attraverso la richiesta di esami aventi lo scopo di accertare lo stato del Sistema immunitario, la predisposizione a sviluppare patologie autoimmuni, allergie, intolleranze e così via».
Rimarcando che gli esiti saranno sottoposti alla valutazione del pediatra o medico di medicina generale «in modo tale da verificare, unitamente ad esso, la possibilità di ottenere gli esoneri o il differimento previsti ex lege ovvero per richiedere vaccini monodose o monovalenti», dichiarano di «trasmettere gli esiti degli esami e le eventuali ulteriori certificazioni alla direzione didattica della scuola ovvero al responsabile del servizio entro il successivo termine del 10 marzo 2018 così come previsto ex lege».
Autocertificazione accettata e iscrizione confermata, con tanto di accesso alla frequentazione della scuola. Il 9 marzo 2018 i genitori della bimba inviano comunicazione alla scuola in cui si attesta l'avvio degli esami pre vaccinali. Il 12 marzo l'istituto comprensivo cui fa riferimento la scuola per l'infanzia notifica agli avvocati della famiglia la sospensione del servizio educativo. Quindi il ricorso al Tar. Il 3 ottobre udienza pubblica.
Nello specifico i ricorrenti affermano che «il provvedimento non è stato preceduto dalla necessaria comunicazione di avvio con conseguente violazione dell'articolo 7 legge 241/90» oltre che il fatto che il provvedimento «non è stato affisso all'albo dell'istituto.
Tra gli altri motivi i ricorrenti affermano che «in caso di mancata presentazione di “idonea documentazione”, la legge non conferisce alcun potere al dirigente scolastico di procedere all'esclusione diretta del bambino dalla scuola ma solo di segnalare, entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine, tale mancanza all'azienda sanitaria locale per gli adempimenti di competenza».
Non è tutto, i ricorrenti sostengono che «l'aver presentato la dichiarazione sostitutiva sia alla scadenza dell'11 settembre 2017 che alla scadenza del 10 marzo 2018, fosse di per sé satisfattivo degli obblighi di legge». Ricorsi infondati secondo il tribunale. Dall'esame delle censure deriva che «primo motivo è infondato per giurisprudenza pacifica» perché «la comunicazione di avvio del procedimento può ritenersi superflua quando, come in questo caso: l'adozione del provvedimento finale è doverosa (oltre che vincolata) per l'amministrazione».
Quanto alla mancata pubblicazione all'albo i giudici scrivono che «è sufficiente rammentare che i genitori che qui invocano la mancata pubblicazione di un provvedimento cui ricollegare (anche indirettamente) dati inerenti la salute della piccola avrebbero potuto dolersi proprio della pubblicazione in violazione delle regole contenute nel Dlgs 196/2003, tenuto conto che la stessa sarebbe stata idonea a rivelare lo stato di salute della minore».
Dai giudici anche in richiamo al fatto che (come sancito dall'articolo 32 dea Costituzione) il “diritto alla salute del singolo va tutelato, ma deve stare sullo stesso piano di quello della collettività.
Quanto alla scadenza e al provvedimento del 12 marzo i giudici scrivono: «Entro il 10 marzo 2018 i ricorrenti non hanno tuttavia
presentato la documentazione necessaria e la circostanza è del tutto pacifica. Ciò ha determinato l'adozione dell'atto impugnato
che risulta adottato in presenza dei necessari citati presupposti». Ericorso respinto e spese compensate.
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