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Autonomie e province, ecco il nuovo fronte aperto Lega-M5S

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Autonomie e province, ecco il nuovo fronte aperto Lega-M5S

Portato alla casa leghista il decreto sicurezza e in quella pentastellata il primo via libera al disegno di legge anti-corruzione, un nuovo fronte interno alla maggioranza gialloverde è bell’e pronto e riguarda gli enti locali. Su due piani: l’attuazione dell’Autonomia differenziata per dare più competenze alle Regioni, che vede in prima fila Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, e la riforma degli ordinamenti locali che dovrà far uscire dal congelatore le Province.
In entrambi i casi la spinta arriva dalla Lega, che su questo terreno trova il modo di rimettere in agenda le parole più care al cuore storico del suo elettorato nordista.

Parole che però lasciano fredda la maggioranza dei Cinque Stelle. «Dobbiamo portare in fretta l’autonomia in consiglio dei ministri», ha ribadito nelle scorse ore il leader del Carroccio Matteo Salvini. «Ma garantisco che il completamento dell’iter non comporterà un surplus fiscale trattenuto al Nord», ha spiegato ieri alla Camera la ministra per il Sud Barbara Lezzi, assicurando di lavorare «costantemente per garantire misure omogenee per tutto il territorio nazionale». Sulla riforma degli enti locali il quadro è più complesso. I Cinque Stelle sono sul dossier, a partire dalla sottosegretaria al Mef Laura Castelli, per costruire le nuove regole su dissesto, piccoli Comuni e tesorerie locali. Ma la Lega, da Salvini a Giorgetti al sottosegretario al Viminale Candiani, vuol far salire sullo stesso treno il ritorno in grande stile delle Province, buttando al macero anche il cervellotico sistema di elezione indiretta con cui i politici comunali votano quelli provinciali. Ma tra le promesse di Di Maio in campagna elettorale c’erano anche le «tre righe della riforma costituzionale che abolisce la parola province dalla storia del nostro Paese».

LA GALASSIA DELLE SOCIETÀ E DELLE PARTECIPAZIONI COMUNALI
(Fonte: elaborazione Ifel su dati CERVED PA 2018)

Finora la corrente è stata sotterranea, ma le prossime sono le settimane decisive. Il cantiere dell’autonomia differenziata con le funzioni aggiuntive per Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna è aperto da più di un anno. I tre presidenti hanno scritto lunedì al premier Conte per reclamare «tempi rapidi e certi», ma la risposta di Palazzo Chigi non è potuta andare oltre il «quanto prima». Anche perché prima di portare l’intesa al consiglio dei ministri serve il parere dei ministeri competenti sulle varie materie che le regioni chiedono per sé. Lombardia e Veneto chiedono tutte le 23 voci oggi condivise fra Stato e Regioni, l’elenco dell’Emilia Romagna si articola in 15 capitoli. È coinvolto, insomma, tutto il governo. Ma i ministeri targati M5S rispondono a ritmi molto più lenti rispetto a quelli a guida leghista.

Il ritorno delle Province dovrà invece provare a farsi strada nella delega sulla riforma degli enti locali, collegata alla manovra. Le riunioni tecniche sono in pieno corso, dopo l’avvio dato dal Milleproroghe estivo che ha chiesto di istituire un tavolo tecnico sul tema, e la questione si intreccia con le nuove regole per ritentare le gestioni associate nei piccoli Comuni e per provare a dare una soluzione alle crisi eterne degli enti locali in dissesto e pre-dissesto. E la delega dovrà accelerare il passo per arrivare entro gennaio, mentre altri collegati alla manovra sono già in Parlamento come il disegno di legge Bongiorno sulla Pa (venerdì scade il termine per gli emendamenti in commissione Lavoro al Senato).

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