Rispetto ad altri Paesi, la compravendita della nuda proprietà degli immobili in Italia resta ancora un fenomeno marginale, una nicchia del mercato abitativo ferma intorno al 5 per cento. L’offerta è sì in lieve aumento, come testimoniano le vetrine online specializzate, ma non è sufficientemente seguita dalla domanda.
Volumi in lieve crescita
Dopo la crisi vissuta dal mattone e il conseguente calo dei prezzi (meno 40% circa dal 2007 a oggi), in molti casi risulta molto più conveniente acquistare l’intera proprietà della casa , così da disporne liberamente e metterla subito a reddito. La formula della nuda proprietà mantiene una sua “popolarità”: l’anno scorso, secondo l’Osservatorio dell’agenzia delle Entrate, i trasferimenti sono stati circa 24mila, in crescita dell’1,3% rispetto al 2016. D’altra parte, si tratta di uno strumento negoziale che favorisce comunque l’incontro di due esigenze: il venditore, cedendo la proprietà “spogliata”, conserva la disponibilità dell’immobile grazie all’usufrutto e si assicura una somma di denaro; l’acquirente, senza bisogno di abitare immediatamente l’immobile, ottiene un risparmio sul prezzo di acquisto (e fiscale, visto che le imposte dirette si pagano su un valore “ridotto” in base alle aliquote ministeriali).
I prezzi e le variabili
Il punto d’incontro tra queste due esigenze, cioè la compravendita della nuda proprietà, si fissa di solito tra il 50 e il 70% del valore di mercato della casa. Il riferimento ai coefficienti ministeriali (come si spiega all’interno di questa Guida rapida) serve infatti ai fini fiscali e a fornire un quadro di massima: ma il prezzo dei muri è contrattabile, e può variare se si stabilisce a favore di chi vende un usufrutto a termine (non vitalizio) o un diritto di abitazione (che non è alienabile).
Un’analisi di Tecnocasa sui movimenti del primo semestre 2018 ha evidenziato che gli acquirenti si muovono soprattutto con finalità d’investimento (79,5%), e in misura minore (20,5%) per avere – in prospettiva – un’abitazione principale. Mentre la maggior parte dei venditori (79,1%) è spinta dalla necessità di reperire liquidità: per mantenere un certo tenore di vita, far fronte a urgenze legate all’avanzare dell’età, o anche sostenere i figli nell’acquisto di una casa. Solo nel 18,6% dei casi si cerca di migliorare la propria qualità abitativa, e nel 2,3% c’è in programma un trasferimento.
La scelta dello strumento
Gli over 65 rappresentano il 22,6% della popolazione totale. E la cessione della nuda proprietà della casa, quando si ha bisogno di denaro liquido, può essere una buona soluzione specie per chi ha elevate spese di gestione dell’immobile o non ha eredi: perché una volta compiuta la scelta non si può tornare indietro.
Se invece si vuol approcciare uno strumento “reversibile”, si può guardare all’alternativa del prestito ipotecario vitalizio (Piv), riservato ai proprietari con oltre 60 anni d’età. Che possono chiedere alle banche un finanziamento a medio e lungo termine garantito da un’ipoteca di primo grado sull’immobile. Di fatto, con un meccanismo inverso a quello del mutuo (l’anglosassone reverse mortgage).
Il prestito ha il vantaggio di poter essere rimborsato, anche dagli eredi del debitore, in modo da non perdere la proprietà dell’abitazione. Ma ad oggi pochi isitituti di credito hanno dimostrato di credere nel Piv e hanno reso note le condizioni per erogarlo.
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