Non viola il diritto d’autore il titolare della web radio gestita da neolaureati e senza fini di lucro che trasmette brani musicali, pagando solo in parte i diritti Siae e per nulla quelli del consorzio fonografici. Non c’è reato se le uniche inserzioni pubblicitarie riguardano enti no-profit e non danno un ritorno economico. La Cassazione, con la sentenza 1652, respinge il ricorso del procuratore generale e del consorzio fonografici (Scf), contro la decisione del Tribunale di assolvere l’imputato che aveva diffuso in pubblico poco meno di 5 mila brani musicali tramite un’emittente radio web, dopo averle registrate in Mp3 su dischi fissi .
Il Pm non era d’accordo con le motivazioni del Tribunale che aveva escluso la sussistenza del fatto in assenza di uno scopo di lucro e in considerazione della buona fede dell’imputato, che aveva chiesto alla Siae le informazioni necessarie e seguito le direttive dell’ente, dopo aver ottenuto anche il via libera di molti aderenti al consorzio fonografici. Ad avviso della pubblica accusa anche se il fine di lucro non è un elemento imprescindibile per il reato, il “guadagno” c’era. Ed era nel collegamento pubblicitario tra web radio e la testata giornalistica con lo stesso nome. Un trade union strumentale alla raccolta pubblicitaria e indicativo del carattere professionale dell’attività svolta.
Per la Cassazione invece, lo scopo di lucro è richiesto dalla norma sul diritto d’autore e, nello specifico, mancava. Alla radio si poteva, infatti, accedere anche direttamente senza passare per il sito web della testata giornalistica. Circostanza che escludeva il collegamento pubblicitario tra la radio e giornale on line. I banner pubblicitari della web radio erano enti no profit, il che escludeva entrate economiche e anche qualsiasi significativo vantaggio patrimoniale.
Pesa anche la storia della radio. L’emittente era il risultato di un’idea della figlia dell’imputato che, terminati gli studi universitari di giornalismo aveva creato il giornale on line con un gruppo di amici e, poi il canale audio nel quale passavano le stesse notizie e successivamente anche la musica. Passo quest’ultimo fatto dopo aver chiesto e ottenuto l’autorizzazione della Siae, sottoscrivendo una licenza che consentiva di caricare i file musicali, nella banca dati digitale della radio. Il titolare non solo non ci guadagnava nulla, ma finanziava l’iniziativa. Alcune donazioni arrivavano da un’associazione no-profit, a sua volta alimentata quasi interamente dall’imputato e, in parte da alcuni giovani, del gruppo. E, in mancanza di un profitto, anche se la radio aveva un carattere stabile e professionale, non c’è il reato.
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