Se la fase 1, per ottenere il reddito di cittadinanza, assomiglia a un percorso a ostacoli, non da meno è la fase 2, vale a dire obblighi e sanzioni per chi vedrà accreditarsi – tra marzo e aprile, secondo il timing del governo – l’assegno fino a 780 euro netti mensili, che prevede, almeno secondo le bozze più recenti del provvedimento, una serie di vincoli (per i beneficiari) e burocrazia (per gli operatori) in caso di assunzione da parte di una impresa. Ne abbiamo contati sei per il beneficiario disoccupato, mentre per le imprese ce ne sono altrettanti legati alla procedura per ottenere l’esonero contributivo, dalle vacancies da comunicare al divieto di licenziare nei primi 24 mesi .
Il testo è ancora alle ultime limature tecniche, con l’esecutivo che conferma l’approdo in Cdm. Su questo tempo aggiuntivo – il premier Conte aveva annunciato il varo già per la scorsa settimana, salvo poi posticipare per attriti con la Lega su pensioni di invalidità e copertura economica, con i tecnici del Mef ancora in serata a lavoro sul dossier – confida il presidente di Confindustria,
Vincenzo Boccia, che dalla Calabria ha ribadito la necessità che il reddito di cittadinanza assuma le vesti di un volano per
l’occupazione.
Boccia ha poi insistito sulla necessità di «aprire un tavolo sull’emergenza lavoro e sulla questione cantieri senza dogmi.
Questo, in particolare, compenserebbe un effetto espansivo della manovra, che alla luce del contesto internazionale deve essere
oggetto di riflessione».
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Ma vediamo quali sono i singoli step e le possibili criticità previsti nella bozza di articolato. Intanto, una volta ottenuta la somma, entro i successivi 30 giorni bisognerà attivarsi e recarsi presso un centro per l’impiego e compilare la dichiarazione di immediata disponibilità a lavoro (si può utilizzare la nuova piattaforma on line Siupl, non ancora attiva). Si potrà contare su 30 giorni ulteriori a partire dalla visita alla struttura pubblica.
Nella procedura è entrata tutta la famiglia, con i membri disoccupati da non più di due anni, sotto i 26 anni, e sussidiati. Si dovrà sottoscrivere un patto il lavoro, che prevede sei sotto procedure, queste le più impegnative per i beneficiari: dal registrarsi al portale Siupl (e visitarlo ogni giorno) all’individuazione delle attività di pubblica utilità (le otto ore settimanali), all’obbligo di accettare una delle prime tre offerte congrue. Oltre alla tempistica, la quantità di soggetti coinvolti (da ultimo Caf ed enti di formazione accreditati) rende davvero ardua la procedura di attivazione; una difficoltà aggiuntiva è il raccordo con l’attuale Rei, che si presume scomparirà nel 2019.
Per chi è povero o in situazione di disagio, è previsto che il percorso, ottenuto l’assegno, inizi dai servizi competenti comunali, per mappare lo stato effettivo di bisogno e fargli sottoscrivere il patto di inclusione.
Il capitolo decadenza e sanzioni è abbastanza restrittivo: si arriva al carcere, da due a sei anni, per chi presenta documenti o attestazioni false, o mendaci, o “trucca” la propria condizione economica per ottenere il reddito. Si decade dal sussidio anche: se non si sottoscrive il patto per il lavoro o il patto per l’inclusione sociale; non si partecipa, senza motivo, a formazione o politica attiva; non si aderisce ai progetti di utilità sociale (otto ore settimanali); si rifiutano tre offerte congrue. Le decurtazioni per chi non si presenta alle convocazioni di Cpi sono espresse in mensilità (massimo due, poi scatta la decadenza ).
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