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Il Tribunale dell'UE annulla la decisione dell'EUIPO che rifiuta la…

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La sentenza

Il Tribunale dell'UE annulla la decisione dell'EUIPO che rifiuta la registrazione del marchio figurativo «Chiara Ferragni» come marchio dell'Unione europea

Agf
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Una società dei Paesi Bassi si è opposta alla registrazione di tale marchio figurativo, facendo valere un rischio di confusione con il marchio denominativo anteriore «Chiara» registrato nel Benelux nel 2015 per alcuni prodotti, in particolare, della classe 25.
In seguito a tale opposizione, l'EUIPO, nel 2017, ha rifiutato la registrazione del marchio figurativo «Chiara Ferragni» come marchio dell'Unione europea, in particolare per «borse, sacche; astucci portachiavi; portamonete [pelletteria]» della classe 18, nonché per tutti i prodotti della classe 25, in quanto sussisterebbe un rischio di confusione tra i segni in questione.

Gli utilizzatori del marchio «Chiara Ferragni» hanno quindi adito il Tribunale dell'Unione europea chiedendo l'annullamento della decisione dell'EUIPO.
Con la sua odierna sentenza, il Tribunale annulla la decisione dell'EUIPO.
Il Tribunale osserva, anzitutto, che il consumatore medio percepisce un marchio come un tutt'uno e che il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è un marchio complesso, composto tanto da elementi denominativi quanto da elementi figurativi. Esso è, infatti, composto dai due elementi denominativi «chiara» e «ferragni», in caratteri neri stampatello maiuscolo, con le lettere «i» in grassetto, e da un elemento figurativo collocato sopra gli elementi denominativi, consistente in un disegno che rappresenta un occhio azzurro con lunghe ciglia nere. Queste lunghe ciglia assomigliano alle lettere «i» delle parole «chiara» e «ferragni». Il Tribunale sottolinea che il carattere fortemente stilizzato, il colore, la posizione e le dimensioni dell'elemento figurativo sono tali da distogliere l'attenzione del pubblico dall'elemento denominativo, posto, peraltro, nella parte inferiore del marchio richiesto.

In sostanza, l'elemento figurativo del marchio richiesto è almeno tanto distintivo quanto gli elementi denominativi di tale marchio, considerati nel loro insieme. L'EUIPO ha pertanto commesso un errore attribuendo maggior importanza all'elemento denominativo «chiara» rispetto all'elemento figurativo.
Il Tribunale esamina, poi, la somiglianza tra i marchi in conflitto dal punto di vista visivo, fonetico e concettuale.
Per quanto riguarda la somiglianza visiva, il Tribunale rileva che, sebbene il marchio denominativo anteriore «chiara» sia ripreso interamente negli elementi denominativi del marchio richiesto «chiara ferragni», l'elemento figurativo di quest'ultimo ha un impatto significativo sull'impressione visiva globale. Il Tribunale ne conclude che i due segni in conflitto presentano, a tutto concedere, un debole grado di somiglianza visiva.
Dal punto di vista fonetico, il Tribunale constata che l'elemento di differenziazione «ferragni», per la sua lunghezza, è foneticamente più importante rispetto all'elemento di somiglianza «chiara», pur essendo posizionato dopo quest'ultimo. Pertanto, i due segni in conflitto presentano un grado di somiglianza fonetica «medio» o addirittura «tenue».

Il Tribunale afferma, inoltre, che i due segni in conflitto sono diversi sotto il profilo concettuale, dato che il marchio richiesto identifica una determinata persona, mentre il marchio denominativo anteriore si riferisce soltanto a un nome senza individuare una persona specifica.
Il Tribunale procede quindi ad analizzare il rischio di confusione tra i due marchi e afferma che, nonostante l'identità o la somiglianza tra i prodotti di cui trattasi, le differenze tra i segni esaminati, in particolare sotto il profilo visivo, costituiscono motivi sufficienti per escludere la sussistenza di un rischio di confusione nella percezione del pubblico.
Infatti, dal momento che i prodotti di cui trattasi sono generalmente venduti in negozi self-service, dove l'acquisto si basa principalmente su una scelta visiva, le differenze tra i due marchi escludono che i consumatori possano pensare che i prodotti provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate quando sono venduti con i marchi in conflitto. Il Tribunale conclude pertanto che l'EUIPO ha commesso un errore nel constatare la sussistenza di un rischio di confusione.

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