«Il tempo è il parametro che gli avvocati hanno usato fin dall’inizio, perché è semplice e funziona con ogni tipo di attività, senza distinguere tra valori, complessità o volumi. Ma la tariffa oraria pone totalmente il rischio sul cliente, appiattendo e oscurando le abilità dell’avvocato stesso: chi è rapido ed efficiente viene pagato meno di chi è lento e poco produttivo». Richard Allen è consulente senior di Burcher Jennings, esperto di legal pricing e acceso sostenitore del superamento dell’hourly rate, «che spinge spesso i professionisti ad abbassare le pretese di partenza, pur di ottenere l’incarico, ma finisce inevitabilmente per creare problemi». Le alternative, dice Allen, sono molte più di quelle che si possono immaginare.
La condivisione del rischio
Tutto ruota attorno al concetto di condivisione del rischio. Sono anni che si discute del conflitto di interesse insito nella tariffa oraria: da un lato i clienti chiedono soluzioni in tempi stretti, dall’altro i professionisti non hanno alcun incentivo a terminare in fretta il proprio lavoro. Dove trovare un punto d’incontro? Le opzioni corrono dal value billing alla success fee, dagli sconti volume al sistema di cap. Ma dovrebbero essere valutate di volta in volta, in un confronto trasparente con la clientela.
«Anche una tariffa fissa rappresenta una condivisione del rischio: per il cliente quello di trovarsi a pagare di più in confronto a un parametro orario e per l’avvocato quello di stabilire un importo che, a conti fatti, finisca per ridurre o azzerare la redditività. Offrendo fin dall’inizio la certezza di una tariffa – osserva Allen – si può prevedere un “premio” rispetto all’opzione oraria e chi è bravo a lavorare può aumentare i margini di guadagno. Oltre le fixed fee, comunque, ci sono circa venti diverse possibilità di tariffazione, già usate dalle legal firm anglosassoni per avvicinarsi alle richieste dei clienti senza limitare i profitti».
La contabilità gestionale
La tesi non è completamente adattabile alla situazione italiana, dove c’è maggior concorrenza, le operazioni “ordinarie” vengono assegnate sulla base del prezzo, si paga il 30-40% in meno rispetto all’estero e la crisi ha accentuato una corsa al ribasso.
Soprattutto per chi opera con clientela corporate diventa essenziale il controllo della gestione e la contabilità industriale. «Perché oggi lo studio legale è un’industria che vende un servizio, quindi un prodotto. E, se lavori su migliaia di pratiche, non puoi stare sul mercato senza un sistema che consenta di sapere esattamente il costo di un servizio attraverso l’analisi dei precedenti», spiega Franco Toffoletto, managing partner dello studio Toffoletto De Luca Tamajo. Che grazie al software gestionale Elibra, ideato insieme allo studio Nctm, ha aumentato l’efficienza organizzativa (e i risparmi) ed è in grado di offrire diverse soluzioni di pricing.
Accanto all’abituale attività giudiziale (a prezzo fisso, a pacchetto, con tariffe ministeriali) e stragiudiziale (a progetto, a soluzione specifica, a pacchetto, misto), lo studio ha ideato particolari prodotti ad alto valore aggiunto in ambito giuslavoristico. «Dal welfare al Gdpr, si tratta di otto prodotti “chiavi in mano” su precise tematiche, venduti a un prezzo fisso e predefinito, e gestiti con industrializzazione di processo da team dedicati – prosegue Toffoletto –. I clienti hanno bisogno di soluzioni pensate e preparate in unico pacchetto, in cui sia chiaro il costo e il servizio offerto».
Il confronto con la clientela
Pur se viene “derogato” più spesso, quello del tempo rimane un riferimento importante. Un benchmark che difficilmente sparirà del tutto. La pensa così Edoardo Gambaro, partner dello studio Santa Maria: «Anche un preventivo “cappato” viene calcolato fino al tetto con un parametro orario. Mentre per le operazioni più complesse, ad esempio le acquisizioni, oltre al cap si negozia un premio con i clienti, quantificato a volte in assoluto, a volte con un costo orario maggiorato». Negli ultimi anni la strategia del premio ha interessato sempre più il contenzioso puro e non solo lo stragiudiziale. «Ma occorre raggiungere un equilibrio tra parte fissa e parte premiale, cioè la success fee prevista al buon esito della pratica», afferma ancora Gambaro.
Per le attività routinarie, come la gestione ordinaria di contratti commerciali, si possono invece stipulare accordi annuali, con un forfait stabilito sulla base dello storico. «La fidelizzazione è quindi fondamentale – aggiunge l’avvocato Mario Santa Maria – perché rende più efficiente il lavoro di studio e consente di offrire preventivi chiari e mirati grazie alla perfetta conoscenza dei costi. E la fidelizzazione stessa dei clienti è facilitata proprio dal dialogo e dal confronto nelle decisioni sulle tariffe».
Fermo restando che solo chi ottimizza l’organizzazione interna (e incrementa la profittabilità) può permettersi di applicare politiche di pricing eterogenee.
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