Dovranno tornare all’importatore i 43 cani sequestrati, 10 anni, fa nell’ambito di un’inchiesta sull’importazione clandestina di animali, e dati in “affidamento” a privati. La Cassazione, con la sentenza 15561, ha annullato l’ordinanza con la quale la Corte d’Appello di Lecce aveva deciso, dopo la revoca del provvedimento di sequestro e la prescrizione del reato a carico dell’importatore, che i cani venissero assegnati definitivamente a chi li aveva “adottati”. Per i giudici di seconda istanza, riconosciuta la colpevolezza dell’imputato in primo e secondo grado, la prescrizione non era di ostacolo alla confisca obbligatoria.
La permanenza dei cani, presso le persone che se ne sono occupate per tanto tempo, é in linea con i criteri di ragionevolezza e opportunità. Al contrario una togliere gli animali, definiti d’affezione, ai soggetti presso i quali vivono «si tradurrebbe in un vulnus non solo per coloro che se ne prendono quotidianamente e amorevolmente cura, ma anche per gli animali stessi, obiettivamente dotati di spiccata sensibilità e di una comprovata percezione degli stimoli e dei vicendevoli rapporti affettivi». Una decisione presa nella consapevolezza che i cani fanno ormai parte della famiglia, ma che non è corretta dal punto di vista giuridico e viene annullata dalla Suprema corte. La Corte d’Appello non poteva destinare d’ufficio a terzi, animali di proprietà del ricorrente. La decisione è dunque annullata senza rinvio.
La vicenda era approdata sulle pagine dei giornali dopo che, in seguito ad un normale controllo su un furgone adibito al
trasporto di animali, era stato scoperto il traffico illecito. All’interno erano stati trovati una quarantina di razze di
pregio, destinate all’importatore regolarmente iscritto Uvac. I veterinari avevano accertato che i cuccioli, malgrado fossero
dotati di passaporto, avevano meno di 50 giorni: troppo pochi per l’importazione ai fini commerciali, in più erano in stato
di stress, disidratati e in carenti condizioni igieniche. Era così scattato il sequestro dei 43 cuccioli provenienti dalla
Romania, che ora, dopo 10 anni, devono lasciare le famiglie che li avevano ottenuti in affidamento.
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