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Furti in casa, è tentato omicidio se il poliziotto spara quando il…

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Furti in casa, è tentato omicidio se il poliziotto spara quando il rischio è passato

Rischia l’incriminazione per tentato omicidio il poliziotto che spara due volte al ladro che sta scappando dopo il furto in un’abitazione, se solo il primo colpo poteva essere giustificato da una percezione di pericolo, benché non reale. La Cassazione, con la sentenza 18890 accoglie il ricorso del pubblico ministero contro la scelta del Tribunale del riesame di annullare la misura con la quale il Gip aveva sospeso dal servizio un appuntato dei carabinieri indagato per tentato omicidio. Per il Tribunale l’uso delle armi era legittimo perché il carabiniere credeva che sia lui sia il collega che era con lui corressero dei rischi per la loro incolumità. Una conclusione raggiunta analizzando i fatti. I due pubblici ufficiali erano andati in una villetta e avevano trovato il ladro ancora sul posto. Un faccia a faccia in cui il collega dell’indagato - l’unico ad essere entrato nella casa - aveva avuto la peggio: era stato colpito e aveva subito avvisato il collega all’esterno che l’uomo era in fuga ed armato. In realtà l’arma era una pistola giocattolo che il ladro aveva probabilmente lasciato cadere. Nella fuga, però, si era girato verso il pubblico ufficiale mimando il gesto di una pistola puntata, da qui la prima reazione del carabiniere che aveva sparato. Mentre il secondo colpo era stato esploso quando l’uomo si era voltato di nuovo, ma senza fare movimenti minacciosi.

Entrambe le pallottole lo avevano colpito. La Cassazione, nell’annullare il verdetto del Tribunale, ricorda che perché scatti la causa di giustificazione, prevista dall’articolo 53 del Codice penale, nell’uso delle armi sono necessarie tre condizioni: l’assenza di un altro mezzo possibile per vincere violenza o resistenza; l’utilizzo del mezzo meno lesivo; l’uso graduato del mezzo secondo le esigenze del caso concreto. E nello specifico per la Suprema corte, almeno il secondo colpo, non doveva partire. Dalla ricostruzione era emerso che l’illuminazione era sufficiente. L’appuntato poteva essere stato fuorviato dall’informazione del collega sul possesso di un’arma da parte del ladro e anche dal gesto che questo aveva fatto la prima volta. Ma tanto non bastava per pensare che si potesse poi sparare a ripetizione. Gli ermellini sottolineano che, seguendo il ragionamento del Tribunale «si dovrebbe finire per ammettere che, dopo la prima azione (apparentemente) minacciosa, l’inseguitore potesse continuare a sparare senza alcun limite, indipendentemente dalla posizione del fuggitivo e dal configurarsi di una situazione di concreta ed effettiva minaccia». Una conclusione incompatibile, precisano i giudici, con i principi dettati per le cause di giustificazione «da sempre fondati sulla regola dell’attualità del pericolo, della proporzionalità della reazione, del minore danno possibile per l’aggressore».

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