Il giudice non può affidare in esclusiva il figlio al padre, prendendo per buona la perizia che accerta la sindrome di alienazione
parentale. E non può farlo perché la “Pas”, non ha solide basi scientifiche. La Corte di Cassazione (sentenza 13274) ha
così accolto il ricorso di una madre contro la decisione della Corte di Appello che, dando credito alla tesi della Pas,
aveva disposto l’affidamento per un semestre, in comunità, del figlio di 15 anni che viveva con lei e che non voleva vedere
il padre definendolo «bugiardo, violento e viscido». Il comportamento della mamma era considerato dai consulenti tecnici
idoneo «a generare un conflitto di lealtà nella prole, che può dare fondamento alla diagnosi di alienazione del figlio nei
confronti del padre».
Il risultato dell’ostracismo della donna, che tendeva ad escludere l’altro genitore, era che il ragazzo aveva sostituito
la figura paterna con il nonno. Ma La Suprema corte mette in guardia sulla mancanza di solidità scientifica della diagnosi
di Pas e bolla come una devianza dalla scienza medica ufficiale, la scelta compiuta dai consulenti che la sostengono, per
dimostrare che un genitore allontana il figlio dall’altro. Per decidere che cosa sia giusto nell'interesse del minore, il
giudice deve dunque «ricorrere alle proprie cognizioni scientifiche» oppure avvalersi di “idonei esperti” per verificare
il fondamento della diagnosi di Pas. Per la Cassazione dagli atti erano emerse difficoltà caratteriali e psicologiche
della donna, ma anche il profondo legame con il figlio. E la sentenza di appello non convince sull’inidoneità della madre
all’affidamento nè sembra valida la tesi secondo la quale, per evitare danni maggiori al ragazzo, l’unica via possibile
sia l’affidamento in esclusiva al padre, con un “passaggio” di sei mesi in una comunità, vista la forte avversione nei confronti
del papà. In più il figlio conteso era stato ascoltato solo una volta a 13 anni e voleva stare con la madre ma, per
i giudici, data l’età del ragazzino sarà necessario riascoltarlo come prevede la legge sull'affido condiviso. Ora la Corte
d’Appello dovrà riprendere in mano il caso considerando che «qualora la consulenza tecnica presenti devianze dalla scienza
medica ufficiale, come avviene nell’ipotesi in cui sia formulata la diagnosi di sussistenza della Pas, non essendovi certezze
nell’ambito scientifico al riguardo, il giudice di merito, ricorrendo alle proprie cognizioni scientifiche oppure avvalendosi
di idonei esperti, è comunque tenuto a verificarne il fondamento».
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