L’ingorgo estivo di scadenze e novità normative descrive bene lo stato di “ansia da adempimento” nel quale galleggia il nostro sistema fiscale. Da una complicazione all’altra senza soluzione di continuità, si potrebbe dire.
Non è un caso, d’altra parte, che l’Italia continui a occupare posizioni non invidiabili nella graduatoria del Paying Taxes della Banca mondiale-Pwc, con un peso della burocrazia fiscale decisamente superiore a tutti i competitors internazionali. Nell’ultima edizione del rapporto (anno 2019, relativa al 2017), il nostro Paese migliora per incidenza complessiva di tasse e contributi sui profitti: non c’è da fare salti di gioia, ma almeno siamo al 53,1% – pur in risalita rispetto al 48% dell’anno precedente – decisamente al di sotto del passato recente, quando il total tax rate era stato anche superiore al 65% degli utili.
Per contro, però, non fa alcun progresso l’indicatore che misura il tempo necessario a una Pmi per svolgere alcuni adempimenti fiscali standard (calcolare e pagare l’imposta sulle società, l’Iva, le imposte sui salari e i contributi): siamo a 238 ore/anno, al livello del Messico. Peggio di noi fanno solo Portogallo, Polonia, Ungheria e Bulgaria, per guardare all’Unione europea.
Al di là del cronometraggio degli adempimenti, non si possono ignorare le complessità del sistema, le incertezze interpretative e l’elevato tasso di volatilità della normativa che queste incertezze moltiplica. Di certo, non si può neppure nascondere il rullo continuo di scadenze e appuntamenti, al quale - come i professionisti ben sanno - si sommano le urgenze da affrontare e da gestire: lettere di compliance, contraddittori, contenziosi, accertamenti veri e propri. Si pensi a quel che accade in queste ore: giusto il tempo di risistemare le scrivanie dopo la full immersion sui condoni scaduti a fine maggio, che già da oggi professionisti e operatori si preparano ad affrontare uno dei periodi più intensi dell’anno. In queste settimane vedremo scorrere un copione collaudato, tra vecchi e nuovi obblighi, i tradizionali appuntamenti con le dichiarazioni e la solita attesa per le proroghe. Delle quali nessuno più si meraviglia: sono ormai una triste (e necessaria) normalità.
Il cortocircuito, come sappiamo, si crea per svariate ragioni, prima fra tutte l’assurdità di un sistema che non si arrende nel pretendere dati a raffica. Poi ci sono i ritardi con cui l’amministrazione predispone gli strumenti indispensabili per mettere i contribuenti nella condizione di poter adempiere ai propri obblighi fiscali. In genere manca il software per gli studi di settore; quest’anno manca il software per i nuovi Isa, gli indici sintetici di affidabilità che hanno sostituito gli studi. Così, arriverà la proroga del termine del 1° luglio per pagare le imposte collegate al modello Redditi 2019, per chi applica gli Isa. Si tratta di capire se sarà una proroga breve (22 luglio, con conseguente slittamento delle scadenze successive) o se ci sarà una finestra più ampia come chiedono i professionisti, anche per non continuare a ignorare ciò che prevede lo Statuto dei diritti dei contribuenti: e cioè che per le scadenze vanno rispettati i 60 giorni dall’introduzione di un nuovo adempimento.
L’altro motivo del cortocircuito riguarda il vizietto del legislatore di introdurre nuovi obblighi senza valutare il loro impatto sull’“ordinaria” agenda delle scadenze. Accade anche quest’anno, con il debutto del processo tributario interamente in via telematica, con l’invio telematico degli scontrini (per i soggetti più strutturati) e con l’andata a regime della fatturazione elettronica. Era impossibile pensare che giugno/luglio è il periodo meno adatto per novità di tale portata? Intanto, non è escluso che già quest’anno possano cambiare i termini per l’invio dei modelli (30 settembre), come prevede il Ddl sulle semplificazioni che, in parte, potrebbe confluire nel decreto crescita.
Che dire: la fotografia del fisco di oggi continua a essere desolante. E il fisco di domani? La campagna elettorale permanente promette mirabolanti ricette, tra flat tax e annunci di nuovi condoni, smentiti e rilanciati a giorni alterni. Scelte politiche, come è giusto che sia, che non sembrano però porre attenzione all’equilibrio e all’equità del sistema nel suo complesso. Con un dubbio di non facile soluzione: non è che il prossimo anno ci troveremo a rimpiangere le complicazioni di questi giorni?
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