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Russia furiosa per l'affaire spie

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2010 alle ore 08:03.


NEW YORK. Dal nostro inviato
La prima reazione di Mosca è stata quella di denunciare come «infondata», «inappropriata» e «in uno spirito da Guerra Fredda» l'accusa di spionaggio rivolta lunedì dall'Fbi e dal Dipartimento di Giustizia agli undici presunti agenti segreti al servizio del Svr, il successore del Kgb.
«Non hanno neppure spiegato quale sia il problema», ha fatto notare il ministro degli Esteri Sergej Lavrov. Secondo il quale, la tempistica non sarebbe stata casuale. Senza dirlo, Lavrov sembrava voler lasciare intendere che si potrebbe trattare di un complotto di quella parte d'America intenzionata a sabotare il riavvicinamento tra i due paesi che la settimana scorsa ha portato Barack Obama e Dmitrij Medvedev a sedersi insieme davanti a un piatto di hamburger in un ristorante della Virginia.
Poi si è espresso lo stesso Vladimir Putin, che in occasione di un incontro con l'ex presidente Bill Clinton nella sua residenza moscovita, ha prima fatto una battuta: «La polizia di casa vostra deve aver perso la bussola e sta arrestando un sacco di gente». E poi espresso la speranza che «gli sviluppi positivi più recenti non vengano messi in discussione». Una conferma in tal senso è prontamente arrivata dal portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs: «Non penso che l'accaduto possa influenzare le nostre relazioni».
A fine giornata dal ministero degli Esteri è però arrivata la prima ammissione: almeno alcuni degli undici «sono cittadini russi che si sono trovati in territorio statunitense». Accompagnata da un invito alla clemenza: «Non hanno commesso alcun atto contro gli interessi degli Stati Uniti». Come per dire, sono nostri agenti, ma non hanno fatto niente di male.
Effettivamente, sull'incisività di questa rete di sospette spie russe non è stata solo Mosca a esprimere dei dubbi. «Perché mai attivare tutta questa gente per trovare informazioni disponibili ovunque?», si è domandato Oleg Kalugin, che diresse le operazioni del Kgb in America negli anni 70 (prima di chiedere asilo politico). Gli ha fatto eco l'ex collega, Oleg Gordievsky, rifugiato a Londra nel 1985, secondo il quale agenti sotto profonda copertura come quelli denunciati lunedì combinano solitamente molto poco.

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Tags Correlati: Barack Obama | Continental Airlines | FBI | Komitét Gosudárstvennoj Bezopásnosti | Malta | Michael Farbiarz | Ministero degli affari Esteri | Oleg Gordievsky | Oleg Kalugin | Politica | Robert Krakow | Roma | Russia | Stati Uniti d'America | Svr | Vicky Pelaez | Vladimir Putin

 

Effettivamente, dal testo della citazione a giudizio emerge che, a parte gli scambi di denaro in contante, di passaporti falsi e di comunicazioni clandestine con inchiostro invisibile, radiogrammi, speciali software che permettevano di incorporare testi segreti in immagini elettroniche e scambi di dati via radio tra computer, di segreti la rete di presunte spie non ne aveva carpito neppure uno. Il risultato più significativo risulta essere un incontro, avvenuto nel lontano 2004, con un funzionario di un laboratorio di ricerca nucleare del governo americano in cui una delle spie aveva discusso dello sviluppo delle testate nucleari ad alta resa che il Congresso aveva appena deciso di finanziare.
A sentire la Procura federale di Manhattan , le undici presunte spie rinviate a giudizio avevano però una missione a lungo termine per nulla innoffensiva. Anzi, la loro routine di persone normali che svolgevano lavori ordinari - chi come agente immobiliare, chi come consulente strategico, chi come giornalista - conferiva loro una capacità di penetrazione nel cuore dello stato maggiore di quella di agenti segreti dichiarati.
Non basta. Il sostituto procuratore Michael Farbiarz ha dichiarato che le accuse contro gli undici sono soltanto «la punta dell'iceberg». Insomma potrebbero esserci imputazioni non ancora esplicitate.
O complici non ancora denunciati. Ieri le autorità cipriote hanno nel frattempo arrestato l'unico degli undici sospetti che era ancora latitante. Si tratta del presunto cittadino canadese Robert Christopher Metsos, fermato in una sala dell'aeroporto di Larnaca mentre si preparava a imbarcarsi su un volo diretto a Budapest. Poche ore dopo, un giudice locale gli ha concesso la libertà provvisoria in cambio di una cauzione di 20mila euro e dell'impegno a presentarsi davanti al tribunale che tra 30 giorni dovrà decidere se estradarlo o meno negli Usa.
Da quest'altro lato dell'Atlantico, si sono cominciate a sentire anche le reazioni di chi rappresenta gli accusati. «È una farsa», ha dichiarato combattivo Waldo Mariscal, figlio di Vicky Pelaez, giornalista di origine peruviana impiegata dal quotidiano in lingua spagnola El Diario che secondo l'accusa avrebbe ricevuto borse di denaro in contante per svolgere la sua missione di spia al soldo di Mosca. Robert Krakow, avvocato del suo compagno, Juan Lazaro, ne ha dichiarato l'innocenza sostenendo che le informazioni nella citazione a giudizio «non valgono nulla».
cgatti@ilsole24ore.us
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IL FRONTE ITALIANO

A Roma
Evidentemente il servizio segreto estero russo, Svr, a Roma si sentiva tranquillo. O perlomeno più tranquillo che negli Stati Uniti. Una delle presunte spie arrestate lunedì scorso, Richard Murphy, ha infatti preso un volo 40 della Continental Airlines da Newark a Fiumicino per ritirare un passaporto falso da utilizzare nelle sue attività di spionaggio negli Stati Uniti. Dai documenti risulta che il sedicente Murphy è partito per l'Italia il 21 febbraio. A Roma aveva un appuntamento con un funzionario dei servizi russi all'interno di una libreria al numero civico 12/14 di Via Illiria, nella zona di San Giovanni. In un messaggio (intercettato dagli americani) gli si diceva che fuori del negozio ci sarebbe stata una grande insegna con la parola "Libreria".
Il passaporto
In quel negozio era previsto che avvenisse la consegna di un passaporto irlandese intestato a tale Eunan Gerard Doherty, che gli americani ritengono essere stato falso. A Murphy era stato detto come sarebbe avvenuto l'approccio in libreria. Il collega lo avrebbe avvicinato e gli avrebbe detto: «Mi scusi, è possibile che ci si sia incontrati a Malta nel 1999?». E lui avrebbe dovuto rispondere: «Certamente sì. Ero a La Valletta... ma era il 2000». A quel punto i due sarebbe scattata la consegna
Gli sviluppi
Da Roma il piano prevedeva che Murphy si recasse poi in treno a Milano, e da lì prendesse il volo Areoflot-Alitalia 286 per Mosca dove avrebbe incontrato i suoi "gestori" del Svr per ulteriori istruzioni. Qualche giorno dopo sarebbe dovuto tornare in Italia, e da Roma, il 3 marzo, avrebbe dovuto prendere nuovamente un volo della Continental Airlines per tornare negli Stati Uniti (C.G.)

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