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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2010 alle ore 14:04.
Per chi, come noi, resta persuaso che la realtà conti e le chiacchiere – come si dice – stiano a zero, è stata una settimana istruttiva. La scelta di Sergio Marchionne, con la richiesta semplice «ditemi un sì o un no», gli ha fruttato l'applauso carismatico di Barack Obama e quello, casalingo ma non meno raziocinante, di Franco Marini, ex leader Cisl. A tutti coloro che considerano «una trappola» il piano di «Fabbrica Italia», verrebbe da chiedere: anche il presidente Obama e l'ex presidente del Senato con il centro-sinistra Marini si sono «venduti» a Marchionne? E in cambio di che cosa? Un pullover blu sdrucito?
L'entusiasmo dei lavoratori Chrysler per la rinascita della loro fabbrica dalla ruggine della crisi sarà tacciato dai soloni del passato come «un'americanata», ingenua espressione di una classe operaia Usa mai conosciuta, né studiata, nei caffè europei. Non è così, e il buon senso raccolto dalle corrispondenze di Christian Rocca da Detroit, conferma che le tute blu Usa han compreso il senso radicale della crisi economica in corso più dei commentatori persuasi di vivere nel 1950 – anni di boom e sicurezza sociale – e degli uomini politici convinti che le righe dedicate dai pastoni romani alle loro baruffe contino davvero qualcosa nella stagione durissima che attraversiamo.
Per capire davvero dove andare, dobbiamo, con pazienza e umiltà, insistere a studiare la crisi, questa del XXI secolo, originale, intrattabile, globale. Diversa da tutte le altre e capace, come un virus che muta a ogni istante, di farsi beffe degli esperti più esperti e irridere i parrucconi più pomposi. Guardate il sito del Sole www.ilsole24ore.com o seguiteci su iPad: con la collaborazione di Project Syndicate, i saggi dell'economia provano a venire a capo del dilemma, con un dibattito aperto e a tratti dandosele di santa ragione, come capita davvero quando le idee si affrontano in terra incognita. Il Nobel Paul Krugman è persuaso (sbaglia?) che la Banca europea di Trichet sia troppo avara e rischi di soffocare i vagiti di ripresa. Dalla Columbia University Jagdish Bhagwati ritiene invece che troppa politica impaluderà l'economia. È straordinario leggere di Nouriel Roubini, il guru della crisi, di Michael Boskin, consigliere economico della Casa Bianca repubblicana, dello sguardo asiatico di Fan Gang (caro agli amici del quotidiano «Riformista» e a Luca Ricolfi), del fulcro europeo di Daniel Gros, del profeta del mercato Martin Feldstein, e dell'economia «sostenibile» di Jeffrey Sachs. Tante lezioni su «come» uscire dalla crisi, corroborate dai nostri storici collaboratori del «Sole»: in tutti l'ansia consapevole di essere in un passaggio che segnerà un'epoca e una generazione. Non è che nulla sarà più come nel passato alla fine della crisi: nulla è già come nel passato adesso, per sempre.