Il Sole 24 Ore
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14 gennaio 2011

Il Bhutan primo stato smoke free

di Antonella Scott


Felicità è essere la prima nazione al mondo no smoking. Un punto d'onore per il Bhutan: che se nella maggior parte delle conquiste del progresso è un fanalino di coda - il primo collegamento ferroviario, 18 km al confine con l'India, è stato progettato a fine 2009 - nei valori ben più importanti come il benessere dei propri abitanti aspira ad aprire la strada al pianeta. Dopo aver messo a punto un indice che antepone lo sviluppo umano al Pil, quantificando così la Felicità nazionale lorda, questo Shangri-la stretto tra i monti dell'Himalaya è passato a proibire le sigarette. Come i semafori che non si sono mai visti a Thimphu, la sola capitale al mondo in mano unicamente ai vigili, se ne può fare a meno. Tanto più che il fumo, secondo i buddhisti, non fa bene al karma.

Il bando a dire il vero risale al 17 dicembre 2004, quando l'Assemblea nazionale del Bhutan proibì la vendita di tabacco in tutto il regno. I sudditi ubbidirono solo per un po', poi si buttarono sul mercato nero e in breve i bar di Thimphu tornarono a riempirsi di fumo, di contrabbando. Così nel 2009 il governo di re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck decise di alleggerire il divieto, ma rafforzò i controlli. Legge entrata in vigore il 1° gennaio.
Teoricamente fumare qui non è proibito, racconta Tsheten Lodhe, giovane tour operator di Thimphu, «ma se vuoi farlo devi andare negli appositi locali di cui dovrà dotarsi ogni luogo pubblico». La differenza con i paesi che hanno adottato regole simili è che in Bhutan le autorità sono decise a scoraggiare la cattiva abitudine fino a sradicarla. È proibito vendere ma si può importare. Un privato ha diritto a 200 sigarette al mese, o 150 grammi di tabacco, ma dovrà pagare tasse elevatissime e affrontare una volta ogni 30 giorni un viaggio a Jaigaon, prima cittadina indiana oltre confine. E se verrà colto sul fatto, dovrà esibire regolare certificato doganale. Altrimenti rischierà fino a cinque anni di carcere, stessa pena per chi sarà sorpreso a vendere tabacco. La nuova legge, spiega Tsheten, dà alla polizia il diritto di irrompere in case e negozi, con l'aiuto di cani addestrati a riconoscere il tabacco: «Il governo fa sul serio». Con l'occasione, la lotta al contrabbando ha fatto fare un altro passo avanti al paese, che ha installato la sua prima macchina a raggi X all'aeroporto internazionale di Paro.

Kuensel, il quotidiano locale, riferisce di mugugni di fronte alla novità da parte dei viaggiatori bhutanesi in fila ad attendere i bagagli con il loro gho, l'abito nazionale obbligatorio per tutti, una specie di accapatoio corto e calzettoni. Immagine della forza della tradizione in questo paese, dove si indietreggia senza voltare le spalle davanti a un superiore e dove è buona norma ubbidire al re. «Io non fumo - scrive al Sole da Thimphu un altro bhutanese che non desidera essere citato - però mi dispiace per chi non riesce a farne a meno. D'altra parte, bisogna rispettare la legge: sono sicuro che con il tempo si faranno bastare la propria quota mensile».
Ma cinque anni di prigione per una sigaretta sembrano troppi anche ai fedeli sudditi di re Jigme Wangchuck: «Non c'è uno che parli bene di questa legge - sbotta un editoriale di Kuensel - e non funzionerà, perché va a toccare i diritti personali e la libertà». E dunque mal si accompagna al concetto di Felicità nazionale lorda: l'indice, almeno dal punto di vista di un fumatore bhutanese, sembra destinato a calare.


14 gennaio 2011