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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2011 alle ore 09:12.

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Egitto in rivolta, si estende la protesta delle moschee e Mubarak schiera l'esercito. Scontri e vittime (Epa)Egitto in rivolta, si estende la protesta delle moschee e Mubarak schiera l'esercito. Scontri e vittime (Epa)

, chiudere internet e i cellulari, con l'idea di bloccare le comunicazioni e soprattutto il web, il motore che ha innescato, dopo la rivoluzione in Tunisia, anche questa rivolta araba. Non era mai accaduto che si fermasse tutto, neppure nella tetragona repubblica iraniana scossa dalla rivolta del 2009.

Ma quando niente funziona più e si vorrebbe imporre il silenzio nel mondo arabo sale la voce della strada che passa di bocca in bocca, di piazza in piazza, dal bazar di Khan el-Khalili ai moderni centri commerciali, dalla Cairo islamica ai salotti di Garden City, dalla metropoli soffocante sul Nilo, alla suggestiva Alessandria, per poi attraversare il canale di Suez fino ai beduini del Sinai sul piede di guerra, e questa voce, ancora più ingigantita, diventa alla fine un boato: «Mubarak vattene».

È quello che dicono subito, già all'inizio della mattina, davanti alla moschea della Retta Via a Giza: qui tutti aspettano Mohamed ElBaradei per la preghiera, il premio Nobel che poi verrà indirizzato, a forza, dagli agenti verso una marcia pacifica, lontana dal cuore degli eventi e che, successivamente, secondo alcune fonti, sarebbe stato arrestato. È un militante dei Fratelli musulmani, l'organizzazione fondamentalista - l'opposizione più forte del paese - il primo che osa parlarmi. «Sono qui per mandare via Mubarak e basta, solo questo mi interessa», dice Ammar, 32 anni, impiegato, barbuto quanto basta perché un agente in borghese tenti di portarselo via ma lui scappa come una lepre per i vicoli di Giza mentre dai minibus gli autisti urlano le loro fermate: «Zamalek, Mohadissin, Dokki». Soltanto dopo capirò che stanno mobilitando, a loro modo, la piazza, gridando la destinazione dei cortei.

I Fratelli musulmani hanno chiamato all'adunata: il venerdì della moschea è il loro grande appuntamento, non possono stare dietro le quinte come hanno fatto finora. Me lo aveva confermato il giorno prima anche Essam El Erian, uno dei loro leader, che però sentiva che oggi in piazza non ci sarebbe stato: «Devo capire se domani mi sveglierò ancora nel mio letto». E così è stato: nella notte, insieme a una ventina di capi del movimento e a centinaia di militanti, è stato arrestato secondo un copione collaudato da anni dal ministero degli Interni ma che questa volta non ha frenato l'ondata degli Ikhwan, i Fratelli.

Sono loro l'incubo occidentale e come accadde nel 1979, con la caduta dello Shah a Teheran, tutti temono che se Mubarak crollasse rovinosamente ne approfitterebbero per calare la cappa dell'oscurantismo sul Nilo, stravolgendo la carta geopolitica. Solo i più vecchi tra i Fratelli si ricordano che Reza Palhavi, morto in esilio, è sepolto proprio qui al Cairo: sono passati 30 anni, il mondo è cambiato e si spera anche il fondamentalismo egiziano, sconfitto e riformato in direzione più moderata dopo una lunga stagione di insurrezioni e terrorismo. Certo che se si andasse a elezioni regolari - cosa mai accaduta in Egitto - i Fratelli vincerebbero, per questo qui, e in generale in tutta la regione, l'Occidente continua a chiedere a questi regimi sclerotici le riforme, non necessariamente la democrazia. Ma forse ormai è tardi per dare consigli a Mubarak.

Chi non crede alla sua caduta è Abdel Moneim Said, direttore del giornale di regime, Al Ahram, e membro del Partito democratico nazionale di Mubarak. «Nel 1977 Sadat tagliò i sussidi e ci furono due giorni di rivolta, negli anni Novanta ci provarono gli islamici: queste sono convulsioni che l'Egitto ha già sperimentato: non è un paese fragile come la Tunisia». Said conta sul fatto che le forze di sicurezza sono sperimentate da anni di guerriglie urbane e sostenute dalle Forze armate, il vero ago della bilancia, il cuore del potere egiziano sin dai tempi di Nasser.
Saranno i militari, pensa Said, se le cose andassero male a salvare l'Egitto dal caos. Dobbiamo credergli?

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