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Questo articolo è stato pubblicato il 19 febbraio 2011 alle ore 08:13.
Quanti morti serviranno questa volta a Gheddafi per restare in sella? Almeno una cinquantina le vittime, secondo l'opposizione, nella "giornata della collera" di giovedì. Il sito online del quotidiano "Oea" di Seif Islam, figlio di Gheddafi, afferma che sono 41 dall'inizio delle proteste, che non si fermano: una battaglia furibonda con una quindicina di vittime (tra cui due poliziotti impiccati) è divampata a Beida, città a 200 chilometri a nordest di Bengasi, capitale della Cirenaica, occupata dai ribelli e ora sotto assedio per l'intervento dell'esercito.
I Comitati rivoluzionari della Jamahirya, oltraggiati dal fatto che a Tobruk hanno abbattuto un monumento dedicato al Libretto Verde, promettono vendetta contro «gli avventurieri»: furono creati da Gheddafi come espressione della volontà popolare ma nessuno li ha mai eletti.
Al carcere di Kuwaifya, a venti chilometri da Bengasi, è esplosa una rivolta con l'evasione di massa di detenuti, lo conferma il direttore del giornale "Quryna" ma anche Ashoun Shamis, giornalista dell'opposizione basato a Londra: un migliaio gli evasi, di cui 150 sembra siano stati ripresi.
La Cirenaica è da sempre una spina nel fianco di Gheddafi e nel 1995 proprio il carcere di Kuwaifiya fu teatro di una sommossa degli islamisti del Fronte di combattimento che si propagò a tutta la regione. Il regime allora negò l'esistenza di rivolte ma poco dopo lo stesso Gheddafi scampò di un soffio a un attentato nella Sirte.
A Bengasi si temono altri disordini per i funerali delle vittime, con cortei di migliaia di persone che mostrano i cadaveri dei morti. Il comando della sicurezza qui sarebbe stato affidato al figlio di Gheddafi Saadi: forse il padre spera che come poliziotto si riveli migliore di quanto non fosse come calciatore quando militò nel Perugia disputando una sola partita prima di essere trovato positivo all'antidoping. Si lanciò quindi in affari con l'idea di costruire una "Hong Kong libica", una sorta di paradiso fiscale esentasse che naufragò prima ancora di nascere.
A parte le informazioni sulle brillanti carriere dei figli di Gheddafi, su quanto avviene in Libia il condizionale è d'obbligo perché Tripoli non mai avuto un'informazione indipendente e non consente l'ingresso dei media stranieri, se non su invito. Gli unici a dare qualche notizia non del tutto inquinata sono i media di Seif Islam che rischiano una nuova ondata di arresti di giornalisti come è già avvenuto qualche mese fa.