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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2011 alle ore 19:43.

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Le tasse aumentano con il sistema federale Usa
Il risultato di questo breve viaggio nel Tempio del Federalismo fiscale mondiale, cioè gli Stati Uniti, conduce a una conclusione piuttosto lontana dall'assunto iniziale. Le tasse aumentano, e in più l'intero sistema si aggroviglia con modalità d'applicazione talmente divergenti rispetto al regime federale tanto da imporre speso al singolo contribuente, e all'impresa, il confronto con procedure tendenti alla progressività, o al suo opposto, con aliquote divergenti, con duplicazioni di tasse e imposte relative alla medesima base imponibile ma calcolate secondo parametri divergenti. Il risultato ha condotto a circa 200miliardi di dollari, le spese annuali aggiuntive che pesano sui contribuenti, persone fisiche e società, chiamate a una generale mobilitazione soltanto per restare al passo con il Fisco, e al parallelo boom dei consulenti fiscal-finanziari che come una vera e propria task force in occasione di singole scadenze si pongono al servizio di milioni di cittadini senza distinzione tra ordinari dipendenti pubblici o professionisti e imprese. L'indice di complessità e di farraginosità è talmente elevato da rendere irrilevante ogni distinzione tra la singola tipologia di contribuenti.

E anche la spesa pubblica destinata agli enti locali
Sul versante della spesa, e della macchina burocratica nel suo complesso, la lectio americana non produce risultati migliori. Nonostante le ricche entrate fiscali assicurate dagli Stati e dalle miglia di giurisdizioni locali, infatti, Washington provvede a trasferire ogni anno un pacchetto significativo di aiuti pari a circa 740miliardi di dollari l'anno. Fondi che si disperdono nei diversi rami del welfare locale, dalla sanità al lavoro, dalle infrastrutture alla scuola. Tuttavia, nonostante l'entità dei fondi il federalismo fiscale ha visto crescere l'indebitamento oltre ogni limite di sicurezza, oggi pari a più di 2.500miliardi di dollari. Un macigno che, in via indiretta, potrebbe presto interessare anche Washington, chiamata a intervenire per ripianare il rosso dei bilanci locali e statali. E per finire, la macchina burocratica persino negli Usa, e proprio grazie al concorso delle realtà locali, oggi impone l'assunzione l'impiego di circa 15milioni di persone lungo l'intera filiera che segue il dipanarsi delle molteplici reti che conducono da Washington fin dentro il più lontano dei distretti scolastici. E tutto questo spiega anche il perché sia sufficiente un tea party, purchè riservato alle tasse, per mettere in Crisi l'inquilino di turno della Casa Bianca.

Il Delaware, paradiso fiscale nel cuore del Federalismo Usa
Il variopinto Puzzle fiscale che contraddistingue il federalismo statunitense è rappresentato, in modo piuttosto ambiguo, da alcuni Stati che, proprio per la fama del sistema di tassazione applicato, hanno guadagnato, per anni, le prime pagine di riviste e quotidiani, non soltanto negli Usa. In testa, nella hit dei più richiesti, e consumati, compare il Delaware. Un'entità, come spesso viene definita dagli stessi analisti statunitensi, che esibisce in poche righe e in tre dispositivi normativi la realtà contabile surreale d'una giurisdizione altrettanto irreale. In pratica, più della metà delle grandi Holding Usa che operano ben oltre i confini domestici, risultano avere il loro quartier generale proprio nel Delaware. Livelli d'impiego, capitale umano con un profilo elevato, abbondanza di capitali e, per ultimo, paesaggi appetibili per investimenti altamente remunerativi non sono la ragione di questa concentrazione.

Insomma, per spiegare perché il 58% delle aziende presenti nel listino di Fortune 500 offrano la loro vetrina dal Delaware è sufficiente passare in rassegna alcune norme base del codice tributario di questo Stato. Innanzitutto, le società sussidiarie delle Holding, senza nessun limite nella loro dimensione in termini di ricavi o distribuzione, sono esenti dall'imposta sui profitti. Risultato, mentre il quartier generale, di rappresentanza, delle Holding è spostato nel Delaware, decine, centinaia, forse miglia di imprese sussidiarie, effettivamente operative, sono localizzate altrove, fuori dei confini. In questo modo, la tendenza verso il basso del prelievo sui grandi profitti realizzati ogni anno è piuttosto pronunciata, tanto da non aver rivali. In più, questo Stato seduce anche le banche e gli istituti di credito, in quanto non pone tra i paletti della disciplina fiscale che a questi si applica nessun limite, o norma, che richiami la condizione dei tassi di usura. Insomma, per queste entità vige una sorta di mano libera, naturalmente entro determinate condizioni. E comunque, se questi dispositivi normativi richiamano un numero davvero sorprendente di aziende, sul versante opposto si registra come gran parte delle entrate fiscali provengono proprio dalle imprese, tanto da consentire allo Stato di non applicare nessuna forma indiretta di tassazione su consumi e vendite. In pratica, no sales tax.

Il caso della Florida
Differente il caso della Florida. La specificità di questo Stato, infatti, è simboleggiata dalla proibizione, per legge, anzi, conseguente al dettato costituzionale, dell'imposta sui redditi delle persone fisiche. In questo caso, quindi, sono la tassazione indiretta, che guarda ai consumi, e la proprietà che alimentano, anno per anno, il bottino controfirmato dal Dipartimento delle entrate dello Stato che, nel complesso, non è affatto soft in materia di prelievo.

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