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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2011 alle ore 20:29.

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Colpito il cuore del made in JapanColpito il cuore del made in Japan

L'impatto di Kobe nel 1995 fu di breve termine
Takuma Ikeda, senior economist, ha richiamato i danni di Kobe (7,3 della scala Richter nel gennaio del 1995) per 10.000 miliardi di yen equivalenti al 2,5% del Pil in termini annualizzati (0,5% nel primo trimestre 1995 e 0,6% nel secondo trimestre): senza tsunami, il sisma all'epoca costò la vita a oltre 6.000 persone. Il Pil registrò un aumento dello 0,8% nel primo trimestre del 1995 (non annualizzato), da una contrazione dello 0,7% registrata nell'ultimo trimestre 1994. «L'impatto di Kobe fu di breve termine e non gravissimo in termini di Pil», ha sostenuto Ikeda. Il governo tuttavia aumentò la spesa pubblica con misure fiscali che contribuirono alla crescita del Pil dello 0,3% e dello 0,5% nel secondo e terzo trimestre del 1995. «Sono grandi numeri, indubbiamente, ma non così grandi come quelli degli interventi pubblici che abbiamo visto dopo la recente crisi bancaria-finanziaria», hanno commentato gli analisti Nomura.

Gli investitori istituzionali si sono domandati tuttavia cosa farà esattamente il governo giapponese adesso, ovvero quale potrebbe essere l'entità degli aiuti di stato per la ricostruzione del paese e quindi il conseguente aumento delle emissioni dei titoli di stato. Il Giappone è stato declassato lo scorso gennaio dalla più severa delle agenzie di rating, Standard & Poor's, che lo ha portato dalla "AA" alla "AA-". «I nostri esperti di titoli pubblici sono in cammino verso le loro case - ha sottolineato Westaway, quasi scusandosi per non aver potuto far intervenire un esperto da Tokyo alla conference call -. Tuttavia abbiamo motivo di credere che al momento le agenzie di rating non hanno intenzione di cambiare il proprio giudizio. E già questo è incoraggiante». Jens Nordvig, responsabile della strategia sui cambi, e Ian Scott esperto di mercato azionario, hanno colto l'occasione per ricordare che dopo Kobe il rendimento dei titoli di stato giapponesi rimase molto stabile per sei settimane e poi crollò, ma dopo il crack di Barings, di circa l'1 per cento. La Banca centrale giapponese tagliò i tassi dello 0,75% nell'aprile del 1995.

Effetto importante sulle compagnie di riassicurazione
La bancarotta di Barings, che innescò il rimpatrio dei capitali in Giappone, secondo gli esperti della Nomura ebbe un impatto maggiore sullo yen e sul cambio $-yen rispetto al terremoto di Kobe. «Bisogna sottolineare inoltre che la forza dello yen nel 1995 va abbinata alla debolezza del dollaro Usa per via della politica monetaria espansiva della Federal reserve». Per Nordvig, l'impatto sullo yen andrà valutato in base a quattro fattori nelle prossime settimane e mesi: l'effetto del terremoto e dello tsunami sulla crescita economica, sui flussi di capitale, sulla politica monetaria della BoJ (Bank of Japan, la banca centrale), sui flussi provenienti direttamente dalle compagnie di assicurazione.

Ebbene, la correlazione tra andamento del Pil e yen «non è molto forte»; i flussi dei capitali sono invece molto importanti per l'andamento della valuta e andranno valutati attentamente gli impatti dei rimpatri di capitale anche da parte dei privati; per quanto riguarda le compagnie di assicurazione giapponesi, nel caso in cui dovessero vendere asset posseduti all'estero e avendo utilizzato strumenti di copertura contro il rischio di cambio, i loro disinvestimenti non dovrebbe avere un grosso impatto sullo yen rispetto al terremoto di Kobe; in fatto di politica monetaria, i tassi sono già allo zero per cento e gli spostamenti lungo la curva dei rendimenti potrebbero essere minori. Il terremoto odierno sicuramente avrà un effetto importante sulle compagnie di riassicurazione: ma se anche l'esposizione dovesse risultare di un'entità attorno ai 10 miliardi di dollari, di questi circa il 50% potrebbe entrare in Giappone con un conseguente ma contenuto impatto sullo yen.

Difficile stimare ora l'impatto sul mercato azionario
Sul mercato azionario, Scott ha messo in chiaro che dopo Kobe la Borsa perse l'8% in cinque giorni per poi recuperare il 5% nei successivi dieci giorni. Sicuramente i movimenti sono stati violenti nel 1995 e prevedibilmente lo saranno anche questa volta. Ma all'epoca, prima del terremoto Kobe, ha spiegato l'esperto di Nomura, le società quotate giapponesi erano sopravvalutate: il sisma corresse un contesto più generale e il mercato calò molto nel primo semestre 1995. Per ora la reazione del mercato azionario a questo sisma, abbinato allo tsunami, è stata più contenuta ma è presto per trarre conclusioni: il grande impatto, se vi sarà, sarà provocato dall'onda gigante in una zona industriale importante e non dal terremoto.

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