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Questo articolo è stato pubblicato il 18 marzo 2011 alle ore 09:19.

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Il reattore n.3 di FukushimaIl reattore n.3 di Fukushima

L'errore giapponese
Questa la situazione in centrale.
Ci sono stati due errori giapponesi.
Il primo è avere messo i generatori diesel d'emergenza dal lato del mare. A ridosso della spiaggia. Ma questo è un errore che può capitare. I motori diesel erano protetti contro mareggiate pazzesche e contro zunami, ma non contro un maremoto di queste dimensioni. La somma di sfortuna e di leggerezza.

L'errore più grave è accaduto quando i generatori si sono fermati e il nòcciolo dei tre reattori ha cominciato a friggere per il calore.
Alla ripresa dell'alimentazione, si sarebbe potuto intervenire in due modi.
Il primo sarebbe stato riaprire il flusso di acqua dal vessel verso la turbina, e mandarla al raffreddamento nel condensatore che riporta allo stato liquido il vapore, facendo sfiatare nel frattempo l'idrogeno.

Nel '79 fu la scelta dei tecnici della centrale di Three Miles Island (Pennsylvania). Una scelta difficile, da prendere subito. Telefonando all'autorità nucleare e chiedendo l'autorizzazione a rischiare, l'autorizzazione a emettere radioattività, per bloccare la reazione e la fusione del nòcciolo. Furono processati, gli addetti. E assolti.
Ciò avrebbe compromesso il funzionamento industriale e produttivo della centrale. Avrebbe costretto al pensionamento i reattori. Ma avrebbe raffreddato i reattori evitando la fusione delle barre e la distruzione di parte della centrale.

Il secondo tipo di intervento sarebbe stato mantenere l'isolamento del reattore, cercando di raffreddarlo nonostante che friggesse per il blackout di due ore dovuto allo zunami.
I manuali suggerivano la soluzione due.
Era la scelta di proteggere la centrale senza prendere la responsabilità di rischiare, sperando che a cose finite i reattori avrebbero potuto ripartire come se nulla fosse.
A Fukushima è stata presa la soluzione due.

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