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Questo articolo è stato pubblicato il 08 aprile 2011 alle ore 17:05.

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Quindi, secondo le limitazioni in vigore dal 16 marzo (ma non si sa bene fino a quando), gli alimenti di origine animale e non animale prodotti o confezionati in Giappone dopo l'11 marzo saranno posti a controllo per la ricerca di radionuclidi da parte dell'Ispezione Frontaliera e degli Uffici di Sanità Marittima Aerea e di Frontiera. Vale a dire che se non c'è limitazione per i prodotti accompagnati da un certificato che ne attesta il confezionamento precedente all'11 marzo, quelli confezionati dopo quella fatidica data devono superare un esame dei livelli di radioattività, eseguito in due istituti zooprofilattici, quello della Puglia e Basilicata a Foggia e quello di Lazio e Toscana a Roma.

E anche in questo caso la sicurezza è massima, soprattutto perché, come si legge nell'ultimo bollettino del ministero a riguardo, dall'11 marzo ad oggi non sono stati importati prodotti o mangimi di origine animale dal Giappone. Nello specifico, nella settimana dal 21 al 25 marzo sono arrivate in Italia nove partite di prodotti non animali, tutte spedite in data precedente all'incidente di Fukushima. E nella settimana successiva, fino al 2 aprile, non è arrivato alcun tipo di merce.

Alcuni, però, lamentano che non ci sia stato il blocco totale delle importazioni: l'Adoc, per esempio, afferma che «non basta adottare misure restrittive sull'importazione, occorre che vengano esplicitati chiaramente gli eventuali rischi di contaminazioni radioattive dei beni alimentari importati dall'Asia, soprattutto per quanto riguarda i prodotti ittici e vegetali. Data la complessa e grave situazione in corso, sarebbe forse opportuno sospendere temporaneamente le importazioni, almeno fino a quando i controlli sugli alimenti avranno accertato l'assenza di rischi per la salute».

Intanto, questo stop al pesce di importazione ha spinto Impresa Pesca, associazione che fa parte di Coldiretti, a ricordare che la provenienza di un prodotto ittico si può capire dall'etichetta obbligatoria che ne definisce la tracciabilità: quello proveniente dal Mediterraneo è contrassegnato dalla dicitura "Zona Fao 37", mentre per esempio l'Oceano Pacifico giapponese corrisponde alla Zona Fao 61. Come bisogna ricordare che il tonno e la spigola sul sushi e del chirashi vengono dal nostro mare e che, piuttosto che al pericolo radioattività, va tenuto presente quello dell'ipersfruttamento dei mari.

Per promuovere il consumo responsabile di pesce, segnaliamo un interessante mini-vademecum al sushi e sashimi sostenibile intitolato "The Seafood Watch Sushi Pocket Guide", pubblicato dalle tre principali organizzazioni americane per la difesa e conservazione degli oceani, Blue Ocean Institute, Environmental Defense Fund e il Monterey Bay Aquarium. Si può scaricare, stampare e mettere nel portafogli per tirarlo fuori al momento della scelta: garantita l'ammirazione dei commensali e l'impennata del senso di autostima ecologica.

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