Il Sole 24 Ore
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Metà del mondo si ribella al re dollaro

Vittorio Da Rold



«L'esorbitante privilegio» del dollaro come moneta internazionale di riferimento, per usare la famosa definizione attribuita da alcuni commentatori all'ex presidente della Repubblica francese, Valéry Giscard d'Estaing, e da altri al filosofo transalpino, Raymond Aron, è ormai al tramonto.
Ne è convinto il ministro delle Finanze brasiliano Guido Mantega, portavoce ufficioso dei Brics, che ha chiesto l'inserimento di valute dei mercati emergenti nel paniere utilizzato dal Fondo monetario internazionale e suggerito che l'istituzione dovrebbe aumentare la liquidità globale.
«Il sistema attuale, molto dipendente da una valuta unica, non rispecchia più la realtà di un mondo sempre più multi-polare», ha detto Mantega nel suo discorso al comitato direttivo dell'Fmi di ieri. Il battagliero ministro ha suggerito «un uso più esteso» dei Diritti speciali di prelievo» dell'Fmi, il paniere di monete che i suoi membri utilizzano per regolare i conti l'uno con l'altro.
Parole in libertà? Non proprio. Mantega è il ministro che il 28 settembre 2010 disse che era in corso una «guerra della valute» dove alcuni Paesi svalutavano la propria moneta (gli Stati Uniti) per esportare i propri prodotti mentre altri (la Cina) non consentivano la rivalutazione della propria per resistere alla manovra. Così il conto viene pagato da tutti gli altri, stretti dalla morsa dei due contendenti.
Anche la Francia di Nicolas Sarkozy è entrata nella contesa chiedendo che lo yuan entri nel paniere di valute utilizzate per Diritti speciali dell'Fmi, un modo per far entrare i cinesi nella stanza dei bottoni, sebbene dalla porta di servizio.
Anche Jean-Claude Trichet pensa che l'idea francese sia degna di essere approfondita. Mantega e i Brics puntano a un uso maggiore dei Special Drawing Rights (Sdr) dell'Fmi, perché potrebbe ridurre i disallineamenti di valuta, i picchi di grandi dimensioni dei flussi di capitali, i rialzi delle materie prime e il ritorno dell'inflazione.
Gli Stati Uniti e il segretario al Tesoro Timothy Geithner naturalmente si oppongono a questo cambiamento valutario multipolare secondo la nota regola che il dollaro «è la nostra moneta ma è il vostro problema». Il dollaro è usato nell'85% di tutte le transazioni valutarie internazionali e pesa ancora per il 61% delle riserve in valuta delle banche centrali sebbene l'economia americana pesi solo il 20% di quella globale. Il dollaro è il "re delle monete" al punto che perfino i pirati somali chiedono che il riscatto sia pagato in biglietti verdi.
I Brics spingono per ridimensionare il dollaro a favore dei Diritti speciali per evitare che la svalutazione del dollaro (e del maxi-debito Usa) venga pagata dal resto del mondo (che possiede T-bill in dollari). Barry Eichengreen, economista americano, sostiene che l'uso dei Diritti speciali non andrà da nessuna parte ricordando come in passato un precedente tentativo fallì nel 1980. Eichengreen invece sostiene che il dollaro sarà affiancato da euro (nonostante le turbolenze dei debiti sovrani) e renmimbi cinese. Naturalmente molti alzeranno le sopracciglia a questa eventualità ma la storia insegna che già in passato ci furono periodi con più valute di riferimento. Peter Lindert, storico dell'economia, ricorda che nel 1914 sotto il Gold standard lo status di moneta internazionale era divisa da tre valute nazionali: la sterlina, il franco francese e il marco tedesco. Non solo. Marc Flandreau ricorda come nel 1920 le monete di riferimento erano diventate la sterlina e il dollaro e successivamente solo il dollaro. Ora si tratta di tornare a un'epoca multipolare.
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