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Questo articolo è stato pubblicato il 01 maggio 2011 alle ore 14:29.
L'ultima modifica è del 01 maggio 2011 alle ore 14:57.

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Un grande testimone che parlava al cuoreUn grande testimone che parlava al cuore

E fu solo lo sguardo a essere risparmiato dalla malattia e della sofferenza. Fino all'ultimo quello sguardo ha conservato - se è possibile intensificato - la forza, il senso di coraggio che infondeva. La stessa forza che si palesò in un tardo pomeriggio dell'ottobre 1978, quando Karol Wojtyla, ormai Giovanni Paolo II - è il ricordo di André Frossard - «apparve per la prima volta sui gradini di San Pietro, con una grande croce piantata davanti a sé come una spada impugnata a due mani. Quando le sue prime parole "Non abbiate paura" risuonarono sulla piazza, allora, in quello stesso istante tutti compresero che qualcosa si era mosso in cielo, e che dopo l'uomo di buona volontà che aveva aperto il Concilio, dopo il grande spirituale che lo aveva portato a termine, e dopo un intermezzo dolce e fuggevole come un passaggio di colomba, Dio ci inviava un testimone».

L'amore è sempre presente e non cessa di operare: Karol Wojtyla ha reso testimonianza a questa verità in ogni istante della sua vita. Nelle sue ore estreme il mondo si raccolse intorno al Papa, che meditando sulla morte aveva osservato come «anche se l'uomo non sceglie la propria morte, tuttavia, scegliendo la propria forma di vita, sceglie in questa prospettiva, in un certo qual modo anche la propria morte. Perciò la morte diventa la più perfetta affermazione della vita e della scelta che l'uomo ha fatto».

E lo Spirito animatore della vita sembrò alitare in quella refola che attraversò piazza San Pietro, scompigliando zuccotti e mantelline cardinalizi; che si placò solo dopo aver sfogliato le pagine del Vangelo posato sulla bara del Papa.

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