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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2011 alle ore 06:39.

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Verso i ballottaggi. Al G-8 di Deauville blocca il presidente Usa e gli preannuncia la riforma della giustizia, Barack non risponde
DEAUVILLE. Dal nostro inviato
C'era tutto nello sguardo di Barack Obama. L'incomprensione, lo smarrimento, lo stupore. E gli occhi mobili del presidente americano che cercavano di catturare qualche bandolo di logica nel profluvio di quelle "strane" parole del premier italiano, Silvio Berlusconi, che gli aveva appena posato una mano sulla spalla intorno al tavolo del G8. Parole prima sussurrate, poi scandite con l'aiuto dell'interprete. Ma che non avevano come focus né Libia, né le primavere arabe, tantomeno l'economia globale ma la situazione politica italiana, la «nuova maggioranza», i «31 processi che lo hanno visto sempre assolto», la «dittatura dei giudici di sinistra». E il silenzio fin troppo eloquente scelto come risposta da Obama dopo il primo, formale "How are you?" stava a significare: «Va bene, ti capisco, Silvio, ma perché mi stai dicendo questo? Perché proprio qui, al G8? Perché proprio a me?».
E invece una logica c'è. Almeno per Berlusconi, per le sue paure che lo porteranno questa sera da Deauville in Piazza del Plebiscito a Napoli prendere parte al concerto di Gigi D'Alessio per Lettieri sindaco. Il premier sente il rischio che le elezioni amministrative di domenica, in caso di esito negativo, possano dare la stura ad un nuovo attacco concentrico della Procura di Milano e degli altri magistrati politicizzati contro di lui e gli uomini del centrodestra: Verdini, Scajola, forse anche la ripresa dell'inchiesta P4 a Napoli con il coinvolgimento di Gianni Letta. E allora Obama che da stasera sarà a Varsavia dove incontrerà anche Giorgio Napolitano all'incontro dei Capi di Stato dell'Europa centrale e orientale andava avvisato prima, gli doveva essere spiegato per filo e per segno qual è lo scenario che si potrebbe creare in Italia e che, in un quadro mutato, potrebbe anche compromettere la tradizionale "amicizia" tra Roma e Washington.
Non è la prima volta che Berlusconi gioca la carta del "pericolo comunista" con un presidente americano. La usò dieci anni fa nel giugno del 2001 al Consiglio Ue-Usa di Goteborg quando spiegò a George W. Bush che era stato merito suo avere liberato l'Italia dai comunisti. Si era, allora, all'indomani delle elezioni politiche e della vittoria di Forza Italia ma il nuovo Governo doveva ancora accreditarsi come interlocutore affidabile dei partner internazionali, primo fra tutti degli Stati Uniti. Oggi Berlusconi teme la sconfitta alle amministrative. Prefigura cupi scenari e avverte "l'amico americano" che le cose stanno cambiando. Certo, interpretazioni e speculazioni, si dirà, ma difficile spiegare in altro modo quella manovra d'accerchiamento studiata nei minimi particolari da Berlusconi. Manovra registrata dalle telecamere interne che ha coinvolto inconsapevolmente anche il fotografo ufficiale di Palazzo Chigi. Mentre tutti i leader del G8 cercavano il loro posto intorno al tavolo ovale per la prima sessione di lavoro sulla sicurezza nucleare il Cavaliere si sposta rapidamente all'altro lato dove è già seduto Obama. Lo supera e raggiunge il fotografo Livio, gli sussurra poche parole poi, mentre rientra al suo posto, lascia cadere distrattamentre la mano sulla spalla di Obama. Lo saluta e mette in moto il "piano".
Spiega che lui ha «una nuova maggioranza» dopo l'uscita dei finiani, più piccola ma più coesa che non vuole rinunciare a cambiare l'Italia, a fare le riforme promesse. Obama, per sentire meglio fa per alzarsi ma la mano di Berlusconi diventa meno soffice, quasi a volerlo inchiodare sulla sedia ed evitare che sia il presidente americano a guardarlo dall'alto in basso. Obama supera la resistenza e si alza. Il dialogo continua. Accorre il consigliere diplomatico Bruno Archi che capisce subito che non si sta discutendo di temi internazionali e si allontana. Sopraggiunge l'interprete. «Noi – aggiunge Berlusconi – abbiamo presentato una riforma della giustizia che per noi è fondamentale perché oggi abbiamo quasi una dittatura dei giudici di sinistra». Berlusconi aggiunge anche di avere subito in Italia «31 processi dai quali sono sempre stato assolto». Come a dire: «Caro Barack, ne sentirai dire di tutti i colori su di me ma non ti devi preoccupare, sono menzogne». Passano così due lunghissimi minuti. Tutti i leader del G8 sono già seduti. Il presidente francese Nicolas Sarkozy guarda con fare interrogativo il cancelliere tedesco Angela Merkel. Tamburella il tavolo, poi apre il microfono e da avvio ai lavori costringendo il premier italiano a guadagnare la sua postazione.
Più che scontato il coro di reazioni indignate: dal presidente dell'Anm, Luca Palamara («non ci prestiamo a strumentalizzazioni elettorali, grave danneggiare le istituzionui all'estero») ad Antonio Di Pietro, a Pietro Fassino a Pier Ferdinando Casini a Francesco Rutelli. Tutti concordi nel definire l'episodio come «l'ennesima figuraccia» dell'Italia all'estero.
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