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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2011 alle ore 06:41.

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La serie B, nel torneo 2009-2010, ha registrato 287 milioni di entrate, in calo rispetto ai 300 della stagione precedente. I ricavi realizzati da sponsor e attività commerciali sono stati pari a 59 milioni, quelli da plusvalenze 73 e quelli da diritti tv 34. Il costo del lavoro è stato di 191 milioni. Oltre agli ingaggi sui costi (382 milioni) pesano anche 61 milioni di ammortamenti e svalutazioni relativi agli acquisti effettuati nelle annate precedenti e scaricati in bilancio in base alla durata dei contratti siglati con gli atleti. Tutto ciò ha generato una perdita d'esercizio di 83 milioni.
Il piano inclinato sul quale si muove il calcio italiano si traduce sul piano patrimoniale in una costante erosione dei valori fondamentali: i debiti globali crescono (in A sono saliti tra il 2008 e il 2010 da 1,9 a 2,3 miliardi, mentre in B sono passati da 367 a 358 milioni); e il patrimonio netto si è, di conseguenza, ridotto da 460 a 406 milioni. Due dati ancora più preoccupanti se visti nell'ottica del divieto progressivo – imposto dal fair play finanziario patrocinato dalla Uefa in vigore da luglio – di immissione nei club di nuovo capitale (ad opera dal patron di turno) per ripianare le perdite.
È chiaro (e lo è ancora di più in questa fase di rallentamento economico) che la Penisola del pallone non può più permettersi 132 società professionistiche. In Inghilterra ce ne sono, del resto, solo 92. In Germania 56, in Spagna 42 e in Francia 40.
Nei progetti di riforma della Lega Pro, nell'arco di un triennio, si dovrebbe giungere a un'unica serie di tre gironi da 20 squadre ciascuno. Oggi le squadre sono 85 (5 in meno rispetto alla scorsa stagione, causa mancanza di squadre ripescabili) mentre nella prossima dovrebbero iniziare a scendere a 76.
Ma la riduzione dei club potrebbe avvenire per "selezione naturale". Già in questa stagione, i club della vecchia serie C, sono stati falcidiati dalle penalizzazioni (con oltre una novantina di punti sottratti in classifica) comminate per i ritardi nei pagamenti di stipendi, contributi e imposte. Sempre più di frequente gli ingaggi agli atleti vengono corrisposti con mesi di ritardo sulle scadenze. E qualche volta non arrivano proprio. A febbraio per protestare i calciatori della Pro Patria, seconda Divisione, hanno occupato per tre giorni con brandine e coperte gli spogliatoi dello stadio Speroni di Busto Arsizio (Varese).
In tre anni, le perdite (provocate da 1,9 milioni di intrioti medi annuali al cospetto di 2,9 milioni di spese) nei club minori hanno fatto diminuire mediamente il patrimonio netto a 55mila euro in Prima Divisione e 42 in Seconda. Se le risorse e i finanziamenti scarseggiano, a poco servirà d'altro canto innalzare i criteri patrimoniali per le iscrizioni al prossimo campionato. Oltre a chiudere questa stagione con i conti in regola, bisognerà presentare per la Prima Divisione una fidejussione di 600mila euro (era di 400mila l'anno scorso) e per la Seconda di 300mila (200mila). Inoltre, ci saranno norme più rigide per la sicurezza degli stadi che si tramuteranno in costi aggiuntivi. L'estate potrebbe portare a un'inesorabile ritirata verso il dilettantismo.
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