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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2011 alle ore 08:05.

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Unicredit ha anche finanziato con un leasing il centro sportivo di Vinovo della Juve per 30 milioni. La stessa Juventus poi ha contratto un debito di 60 milioni con il Credito sportivo per il nuovo stadio di proprietà che aprirà i battenti tra qualche mese. Ma i bianconeri hanno siglato un accordo anche con Veneto Banca che è entrata a far parte degli sponsor principali. Veneto banca che sponsorizza pure il Lecce. Intesa analoga è stata siglata dalla Banca Popolare di Vicenza del presidente Gianni Zonin, il nono gruppo bancario italiano, con il Vicenza Calcio. Quanto ai club milanesi è storico ormai il rapporto dell'Inter (462 milioni i debiti totali per la società di Moratti, di cui 70 con le banche) con il Banco popolare di Milano e del Milan (450 milioni di debiti, di cui 170 verso gli istituti di credito) con Intesa San Paolo. Banche che, non a caso, hanno gestito nell'ultima stagione il rilascio delle tessere del tifoso ai supporter nerazzurri e rossoneri.

Altrettanto solida è la cooperazione tra Mps e il Siena. Monte dei paschi che era esposto con la vecchia As Roma per circa 80 milioni prima della uscita della Compagnia Italpetroli dall'azionariato capitolino.
I debiti verso le banche del Parma sono saliti tra il 2009 e il 2010 da 9 a 12 milioni (su un'esposizione totale di 109 milioni). I debiti tra affidamenti in conto corrente e anticipi di crediti sono verso vari istituti (Bnl, Mps, Ubi, Banco di credito cooperativo).

Remember Calciopoli
Il precedente c'è, e non è neppure lontano nel tempo. Tra il 2006 e il 2007, dopo Calciopoli, gli introiti da sponsor calarono del 6% (anche se va ricordato che la Juventus in B aveva trascinato una fetta importante dei ricavi). Nel 2009-2010 sponsor e attività commerciali di tutte le società professionistiche valevano 370 milioni: «Dopo questo scandalo, qualche contraccolpo lo vedremo», dice Gianluca Di Tondo, direttore marketing di Heineken Italia, che sponsorizza la Champions e abbina il marchio Birra Moretti a Roma e Napoli. «Mi aspetto - continua - una presa di posizione delle aziende e una pesante rinegoziazione dei contratti, senza allontanamenti improvvisi soprattutto per gli sponsor legati a un'unica piattaforma, il calcio, ad esempio: uscirne significa perdere visibilità del tutto».

Il calcio rappresenta così in profondità, vizi e virtù incluse, la nostra società che è ipotizzabile una rilettura del tandem pallone-sponsor: «A livello macro non ci saranno perdite in valore», è il pensiero di Romy Gai, ex capo del marketing della Juventus, rientrato in Europa dopo l'esperienza negli Emirati Arabi. «Anzi, durante la crisi economica mondiale, sono state grandi banche a siglare alcuni fra gli accordi più pesanti: Unicredit con la Champions League, Standard Bank con il Liverpool».

Marchi globali
Perché, alla fine, conta il valore che un marchio porta con sé: «Dobbiamo aspettare per capire l'entità del fenomeno - esordisce Laura Masi, a capo del marketing del Milan, campione d'Italia - ma vanno fatti distinguo: come in ogni azienda ci sono manager sani e truffaldini, anche nel calcio ci sono giocatori onesti e altri meno, ma un marchio credibile con valori forti non è graffiato da un manipolo di mariuoli».

Il distinguo che va fatto è questo: ci sono brand internazionali fortissimi che resteranno illesi e altri che potrebbero traballare. «I contratti in essere con i team di vertice non sono in discussione», è la certezza di Nicola Tomesani, docente di marketing dello sport a Bologna. «I marchi che scelgono un grande club - sono l'80% dei ricavi del settore - avviano un progetto di lungo periodo con il quale il team diventa mezzo di comunicazione a tutto campo: non è così per gli sponsor sulle maglie delle società di fascia medio-bassa, che prenderanno a pretesto lo scandalo per rinegoziare i contratti». Portando effetti su tutto il mercato, per quanto questi club rappresentino solo un quinto degli introiti: «I ricavi della Nazionale - spiega Tomesani - hanno sempre avuto andamento simmetrico rispetto al campionato, così si può ipotizzare che, con un settore in lieve calo, le aziende che si avvicineranno all'azzurro chiederanno un qualche sconto». Anche se a tutela dei contratti ci sono molte clausole: «Obbligano i contraenti a condotte corrette ed etiche», sottolinea Marco Boglione, presidente di BasicNet, che abbina Kappa a Roma e Sampdoria.

Nuove strade
Contratti a parte, l'ennesima bufera sul calcio è l'occasione per riposizionare il rapporto fra sponsor e quel pallone, che spesso ha troppe macchie: «I brand devono scegliere atleti vincenti e puliti, a prova di scaldalo - dice Francesco Manfredi, docente di economia dello sport al master di Parma-San Marino - e trovare nuovi canali di comunicazione. Ci sono eventi, progetti a carattere sociale, che consentono alle aziende di correre con il calcio e insieme di sostenere progetti educativi, di reinserimento lavorativo, di integrazione, come avviene già in Premier League».

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