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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2011 alle ore 23:49.

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Come altri operatori sul campo, Elise Ford, esperta analista economica di Oxfam, è di diverso avviso. «La situazione è peggiore dei quel che sembra. Le statistiche non tengono conto di aree della Somalia dove è impossibile accedere. Secondo alcuni resoconti in tre zone è già stato raggiunto il massimo livello: carestia. In quelle aree desertiche i tassi di malnutrizione sono saliti dal 2,4 all'8-9%, quasi cinque volte maggiori rispetto alla soglia di emergenza. La mortalità delle mandrie ha sfiorato il 90 per cento. Le conseguenze per un'economia che si regge solo sull'allevamento sono facilmente intuibili». Secondo alcuni resoconti, per ora non ufficiali, circa cento bambini muoiono ogni giorno in Somalia per la fame. Ma potrebbero essere di più.

Pur partita in ritardo, in Kenya ed Etiopia si sta muovendo la grande macchina degli aiuti. Ma in Somalia la situazione è difficile, quasi impossibile. Nello Stato senza Stato, in balia del caos e dell'anarchia dal lontano 1991, anno della caduta del dittatore Siad Barre, ci sono ampie fette del territorio dove nessuno vuole, né può andare. La crisi si è deteriorata nella primavera del 2008, quando gli estremisti islamici al-Shabaab hanno sferrato una grande offensiva contro il Governo somalo di transizione assediando la capitale Mogadiscio (oggi in larga parte controllata dal Governo di transizione) . Da allora controllano quasi otto regioni su nove della Somalia centro-meridionale. Qui hanno imposto una versione rigidissima della sharia, la legge islamica.

Non esiste al mondo un gruppo affiliato ad al-Qaeda che controlla un territorio esteso quasi quanto l'Italia. In Afghanistan i talebani devono fronteggiate le forze Nato, in Yemen quelle governative. Lo stesso vale in Pakistan. Qui non ci sono forze straniere. Gli Shabaab sono i padroni assoluti.

«La Somalia è davvero una grave problema - precisa Marcelo Garcia Costa, coordinatore per l'Africa di Intersos, una delle pochissime Ong che lavora ancora in Somalia (nella regione meridionale del Medio Scebeli gestisce un ospedale regionale ed ha in corso progetti di emergenza per assistere i più vulnerabili). «Fino a due anni fa potevamo operare in loco, portare materiali e viveri. Da due anni gli Shabaab non hanno permesso alle organizzazioni internazionali di operare sul loro territorio. Noi siamo rimasti solo con staff locale ma le nostre attività sono estremamente limitate. Tutte le donazioni dell'Onu vengono rifiutate per principio. Teniamo conto che la totale assenza di infrastrutture non agevola certo i compiti».

Ma anche gli Shabaab hanno compreso il loro regno può trasformarsi in un enorme campo di morte. Da soli non ce la possono fare. La scorsa settimana hanno dichiarato di aver tolto il divieto alle organizzazioni internazionali. In pochi, tuttavia, si fidano delle loro promesse. Gli esperti fanno sapere di non aver ricevuto adeguate garanzie che consentano il ritorno dei loro staff internazionali.

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