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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2011 alle ore 06:41.

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IL MATRIMONIO MANCATO CON BP

L'annuncio di gennaio
A gennaio la prima società petrolifera russa, Rosneft, e l'inglese Bp annunciano un accordo molto innovativo che prevede uno scambio di azioni del valore complessivo di 16 miliardi di dollari. Bp acquisirà il 9,5% della proprietà della major russa mentre quest'ultima entrerà nella britannica con il 5 per cento. Lo swap prevede lo scambio di consiglieri nel board. Le due major si impegnano anche in un progetto di esplorazione dei giacimenti petroliferi nel Mare di Kara, in attuazione dei grandi progetti russi di sviluppo dell'Artico
La querelle giudiziaria
Qualche settimana dopo la firma, benedetta dal premier Vladimir Putin, escono allo scoperto gli azionisti di Tnk, partner russo di Bp. Sostengono che l'accordo con Rosneft dell'inglese vìola l'impegno assunto nella joint-venture in base al quale ogni progetto in terra russa di Bp deve passare attraverso Tnk-Bp. Gli oligarchi di Tnk, capitanati da Mikhail Fridman, ricorrono a una corte arbitrale di Stoccolma per chiedere l'annullamento dell'intesa tra Rosneft e Bp. La corte fa slittare la firma dell'accordo. A Mosca si tengono negoziati frenetici con i soci di Tnk. A metà maggio Rosneft getta la spugna e volge altrove lo sguardo per le esplorazioni artiche
Il disappunto politico
La vicenda provoca un piccolo terremoto politico a Mosca perché l'allora capo di Rosneft - Igor Sechin - è un pezzo da 90 del Governo: vicepremier di Putin è soprannominato lo zar dell'energia. Gli analisti (e sembra anche il premier) si chiedono come possa essere incorso in una tale leggerezza. L'imbarazzo è forte anche oltre Manica dove Robert Dudley, ceo di Bp, finisce sul banco degli imputati per l'affaire Rosneft

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