Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2011 alle ore 13:30.
L'ultima modifica è del 05 novembre 2011 alle ore 10:02.

My24

Dopo l'ostinato rifiuto delle misure di austerità imposte in cambio del prestito al Paese, la destra aveva fatto un passo avanti giovedì, mentre il governo era a rischio crollo, finendo per accettare di votare a favore del piano europeo a certe condizioni. Si era opposta in particolare agli aumenti delle tasse decisi dal governo e aveva chiesto nuove trattative su alcune di loro, aspetto cruciale che fa dubitare fortemente ad alcuni analisti sul successo della futura coalizione governativa.

I due partiti non hanno che pochi giorni per raggiungere un'intesa di fronte all'avvicinarsi delle scadenze europee. La Grecia ha soldi fino al 15 dicembre.

Lunedì, comincia una riunione dei ministri delle Finanze della zona euro in cui la Grecia intende negoziare lo sblocco entro «fine febbraio» di 80 miliardi di euro, nel quadro del piano europeo negoziato a Bruxelles.

LA GIORNATA DI IERI. Il partito socialista al governo è arrivato al voto con una risicata maggioranza (152 seggi su 300) e una manciata di parlamentari che aveva fatto capire che non avrebbe dato la fiducia. Ma per tutta la giornata di ieri sono proseguiti frenetici colloqui: non solo tra i deputati del Pasok, ma anche tra i socialisti e gli avversari di Neo Dimokratia.

In ogni caso, a prescindere dal voto, dopo che Papandreou ha ritirato il contestato referendum sul piano di austerità e ha ottenuto l'assicurazione che anche il leader dell'opposizione di centro-destra, Antonis Samaras, voterà le misure concordate con l'Ue, si apre una fase nuova del Governo di emergenza, forse a guida del ministro delle Finanze Evangelos Venizelos, o di un tecnico di riconosciuto prestigio come Lucas Papademos, ex vice presidente Bce. Oppure guidato, questo l'altro nome circolato, da Dora Bakoyannis, ex sindaco di Atene ai tempi delle Olimpiadi 2004 e poi apprezzato ministro degli Esteri del precedente Governo di Costas Karamanlis, in rotta con Neo Dimokratia e con l'attuale leader Samaras.

NUOVA FASE. Una fase è comunque terminata nella vita politica greca. Come puoi chiedere ai cittadini se vogliono approvare un piano di austerità, quando a dicembre devi ripagare al mercato 3 miliardi di euro di obbligazioni in scadenza e non hai soldi in cassa? Il referendum voleva dire chiedere se Atene dovesse restare nell'euro oppure no, andando al default disordinato. Una mossa legittima in democrazia ma che è stata decisa senza avvisare i partner europei (che hanno bloccato i fondi) e nemmeno i ministri. Una mossa che ha sollevato le proteste degli stessi componenti del Governo. Ora Atene deve trovare nuovi equilibri.

IL KKE. In piazza Syntagma davanti al Parlamento, i sostenitori del partito comunista greco (Kke) ieri sera hanno organizzato una comizio contro «l'ipocrisia» del Pasok di Papandreou e di Neo Dimokratia di Samaras, accomunati dalle stesse politiche di austerità e privatizzazioni. Tra aromi di souflaki arrostiti sui carretti ambulanti e canti della resistenza contro il fascismo, i membri del partito comunista sentono odore di elezioni anticipate e si preparano a raccogliere consensi tra gli scontenti di quella classe media che si sta impoverendo e perdendo l'identità sociale. «Non possiamo pagare le nuove tasse perché ci sono stati tagliati i salari del 40%», dice Diomidis, statale che dimostra più frustazione che rabbia.

La protesta si è svolta a pochi passi dal lussuoso hotel Grand Bretagne, considerato la sede ufficiosa del governo ombra della troika, i funzionari dell'Fmi, Ue e Bce, ritenuti gli ispiratori delle politiche di austerità. Quello che il Paese vuole forse è la fine dell'incertezza e ritrovare la dignità perduta.

Shopping24

Dai nostri archivi