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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2011 alle ore 15:09.

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NAZIONALIZZAZIONE.
Il comunicato finale del vertice europeo chiede la ricapitalizzazione delle banche sistemiche in modo da portare il core tier 1 al 9%. Si prevede in via prioritaria il ricorso al capitale proprio, poi si potrà battere cassa agli Stati e in fine si potrà chiedere l'intervento dell'Efsf (con i suoi problemi di risorse) se lo Stato in questione non ha la capacità di far fronte alle richieste. Nulla si dice però sul meccanismo da seguire per chiedere l'intervento del fondo salva-Stati né sul modo in cui le risorse saranno eventualmente erogate. L'Authority bancaria europea ha stilato l'elenco delle banche interessate, con tanto di risorse da reperire. In tutto servono 106 miliardi. Ma lo sforzo maggiore è chiesto alle banche dei Paesi del sud Europa, mentre quelle del Nord se la caveranno con poco, anche quelle già portate al fallimento dai loro investimenti speculativi su asset poi rivelatisi tossici.

Così alcune delle maggiori banche greche potrebbero rischiare la nazionalizzazione dopo la ristrutturazione del debito al 50% del valore nominale. Parola del premier George Papandreou dopo il vertice del Consiglio europeo del 26 ottobre a Bruxelles. Le banche elleniche sono ostaggio per circa 45 miliardi di euro di debito pubblico i cui valori sono superiori del 40-50%, a seconda della scadenza, ai prezzi di mercato. Valori ridotti che pesano sui loro bilanci mark-to market così che il loro destino è inestricabilmente legato al risultato della crisi, ora diretto a una ristrutturazione pilotata.

Il 21 luglio i creditori privati, incluse le banche greche, avevano accettato di prendere un 21% di "haircut" - una perdita sul valore nominale del debito in loro possesso - come parte di un secondo piano di salvataggio da 109 miliardi di euro concordato tra la Grecia e i suoi prestatori internazionali. Poi il 26 ottobre a Bruxelles si è convenuto un haircut del 50% e un piano di aiuti di 130 miliardi complessivi per reggere il carico di 353 miliardi di euro di debito, di cui 200 detenuti dai privati. Con questo secondo piano il debito greco tornerebbe al 120% del Pil entro il 2020.
L'impatto sulle banche greche di un default sarebbe pesante al punto che gli istituti di credito dovrebbero rivolgersi a un Fondo statale greco per la stabilità finanziaria (FSF) o al EFSF europeo ed essere nazionalizzate per evitare il collasso.

«Le banche si troverebbero nella necessità di essere immediatamente ricapitalizzata e ovviamente nazionalizzate perché gli azionisti non sarebbero in grado di integrare il capitale fresco», ha dichiarato Yannis Papantoniou, ex ministro delle Finanze greco e l'architetto dell'ingresso della Grecia nell'euro. Ingresso oggi messo sotto accusa del presidente francese Nicolas Sarkozy che ora ne parla come un errore.

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