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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2011 alle ore 15:09.

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FUGA DI CAPITALI.
Colpite dalla fuga di depositi (i depositi a luglio 2011 erano scesi a 187 miliardi, 50,3 miliardi di euro in meno rispetto all'inizio del 2010, pari al 21,2% di perdite) dall'aumento dei prestiti in sofferenza a causa di una prolungata recessione, le banche greche stanno riducendo i costi per proteggere i propri bilanci e soddisfare il 10% minimo dell rapporto patrimonio core richiesto dalla banche centrale.

Se le banche greche dovranno come pare certo affrontare un haircut del 50% su 45 miliardi di euro di titoli di Stato, ciò significherebbe una svalutazione al netto delle imposte di circa 16 miliardi di euro. Sottraendo questo svalutazione da un aggregato di capitale core Tier 1 di circa 24 miliardi per le cinque top bank questo le lascerebbe con soli 8 miliardi di euro di patrimonio netto. Troppo poco.

Gli analisti dicono che, rispetto ai 200 miliardi di attività di rischio, il patrimonio netto residuo si tradurrebbe in una capital ratio di appena il 4%, ben al di sotto del 10% minimo richiesto dalla banca centrale.
Per tornare al rapporto minimo, le cinque banche maggiori del paese necessiterebbero di raccogliere almeno 12 miliardi quando la loro capitalizzazione di mercato è solo 4,3 miliardi di euro, prospettiva impossibile in un mercato così volatile.

Le cinque banche maggiori - National Bank, Eurobank, Alpha, Piraeus e Hellenic Postbank avevano già messo in bilancio 4,3 miliardi di euro di perdite per l'adesione allo swap del debito al 21%, che Atene ora deve alzare al 50% e concludere entro fine anno.

Inoltre le azioni delle banche greche hanno perso il 72% del valore rispetto agli ultimi 12 mesi. Una volta le azioni bancarie erano la locomotiva della borsa di Atene mentre ora sono nettamente in perdita.
Per le cinque big il calo del valore di mercato nell'ultimo anno è stato pari a 10,7 miliardi di euro, quasi il 5% del PIL, un importo che potrebbe essere recuperato solo se le banche si rivolgessero allo Stato.
I soldi necessari a ricapitalizzare diluirebbero il valore delle azioni e annullerebero il valore degli attuali proprietari. Data la quantità necessaria di ricapitalizzazione l'unica soluzione sarebbe rivolgersi al Fondo publico FSF e quindi naz ionalizzarsi o rivolgersi all'EFSF europeo.
La FSF (Financial stability Fund) ha già 10 miliardi di euro pronti per ricapitalizzare e in gran parte nazionalizzare il sistema bancario greco. L'importo è cresciuto a 30 miliardi ora che i parlamenti dell'eurozona hanno ratificato la rete di sicurezza dell'EFSF, il fondo europeo creato per prevenire il contagio in altri paesi.

Il piano di salvataggio delle banche greche prevede l'intervento del Fondo statale greco FSF a cui le banche riserverebbe nuove azioni con diritto di voto, che l'FSF acquisterebbe, dando la maggioranza allo Stato. Le azioni sarebbero acquistate a prezzi nettamente inferiori ai prezzi di mercato in modo che i contribuenti avrebbero la possibilità di fare una plusvalenza quando l'economia tornerà a crescere e il governo privatizzerà di nuovo le banche.

Atene userebbe un sorta di piano TARP come quello usato dagli Stati Uniti in seguito al collasso di Lehman Brothers nel 2008 e alla nazionalizzazione di due banche in Svezia avvenuta nei primi anni 90, episodio a lungo citato dagli economisti come una delle operazioni di salvataggio bancario di maggior successo della storia moderna.
Alternative alla nazionalizzaione? Alfa e Eurobank hanno presentato un accordo di fusione in agosto che prevede un aumento di capitale da parte dell'azionista Qatar Alpha Paramount, che immette mezzo miliardo di euro attraverso un prestito obbligazionario convertibile. Ma altri investitori esteri preferirebbero aspettare tempi migliori e prezzi stracciati.
Ce la farà la Grecia a superare tutti questi ostacoli? Solo un governo di unità nazionale guidato da una personalaità di indiscusso prestigio può riuscire nell'opera. Altrimenti sarà la fine del sogno europeo

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