Il Sole 24 Ore
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Terzi: al fianco di Ankara su Siria e Ue

Alberto Negri



ANKARA. Dal nostro inviato
Libia e Primavera araba hanno colto di sorpresa l'Italia: qual è la lezione per la nostra diplomazia? «Le rivolte arabe hanno preso tutti alla sprovvista - risponde il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata - la lezione è che la stabilità dell'area non può prescindere dalle legittime aspirazioni democratiche delle popolazioni e dallo sviluppo economico. Abbiamo tutti creduto, per troppo tempo, che la democrazia in Medio Oriente fosse un fattore di instabilità: è stato un grave errore».
L'economia, secondo Terzi, avrà un ruolo centrale: «Dobbiamo evitare che la frustrazione economica porti a una radicalizzazione delle piazze. Quindi il sostegno alle democrazie e allo sviluppo devono andare di pari passo. La partnership di Deauville in questo senso è stata un'iniziativa importante: la Ue deve fare di più e subito».
Ankara spinge per un forte impegno internazionale: il ministro Davutoglu nel colloquio con Terzi ha proposto un piano Marshall per l'Egitto: «La Siria - ha detto il capo della diplomazia turca - è un problema ma l'Egitto lo è cinque volte di più». All'esordio internazionale del Forum Italia-Turchia organizzato da Unicredit a Istanbul, il neoministro ha avuto modo di confrontarsi con il collega Ahmet Davutoglu sul caso siriano: Ankara ospita e sostiene l'opposizione al regime di Bashar Assad. Davutoglu ha avuto parole dure: «Assad ha due possibilità: o accetta gli osservatori della Lega Araba oppure è finito». Mentre la Lega ieri prolungava di qualche ora l'ultimatum al regime, Terzi esprimeva la sua «forte delusione» per l'atteggiamento di Damasco: si profilano sanzioni ma il ministro esclude un intervento armato.
L'Italia con Terzi si è schierata decisamente in difesa della popolazione. E al debutto ha pronunciato la frase per noi forse più importante della giornata: «Il principio di non ingerenza non ha valore assoluto quando c'è un elemento di fortissima instabilità regionale». Un chiaro riferimento ai veti di Russia e Cina alle risoluzioni Onu di condanna della Siria e una presa di posizione che ci allontana anche dall'infelice battuta di Berlusconi su Gheddafi all'inizio della crisi libica: «Non disturbiamo il manovratore». Terzi ha poi confermato, come il predecessore Frattini, il sostegno all'opposizione del Consiglio nazionale siriano ma è stato ancora più deciso: «È mia intenzione intensificare i rapporti con le forze democratiche».
Si è guadagnato così la simpatia del ministro Davutoglu. L'Italia è sponsor convinto dell'adesione all'Unione di Ankara: «Escludendo la Turchia, l'Europa rinuncia a un asset strategico in Medio Oriente e Nordafrica. Nella regione è un modello politico ma anche economico: un caso di successo come dimostra una crescita del Pil che ha sfiorato il 9%».
La partita economica ha un peso straordinario: in Turchia lavorano 900 imprese italiane, l'interscambio l'anno scorso è stato di 17 miliardi di dollari, nel 2011 questa cifra è stata raggiunta già nei primi nove mesi, con una crescita stimata del 30% e un saldo attivo per l'Italia di 3,7 miliardi di dollari. È vero quanto ha affermato il ministro italiano, citando Fernand Braudel, che il Mediterraneo «non è un paradiso gratuito». Ma le cifre dicono pure che può essere un grande business.
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