La Fed è stata davvero il prestatore di ultima istanza di cui si parla in questi giorni per la Bce. Ma nel senso più prosaico del termine, cioè di finanziare il sistema finanziario americano in modo così vantaggioso e in dimensione tali che nessuno aveva osato nemmeno lontanamente immaginare. Finora si pensava che il conto per salvare il sistema bancario americano fosse stato solo quello del contestatissimo piano Tarp (Troubled Assets Relief Program), approvato dal Congresso di Washington a tambur battente il 3 ottobre 2008 al termine della presidenza repubblicana di George W. Bush.
Ora invece si scopre la vera cifra del salvataggio grazie alla ricerca fatta dall'agenzia di stampa americana Bloomberg che ha scoperto dopo un paziente lavoro di investigazione preziose carte della Fed che dimostrano il conto totale per salvare le banche "too big to fail", troppo grandi per fallire e che rischia di diventare il tema portante della prossima campagna elettorale per le presidenziali del 2012 con un presidente Obama messo all'angolo dai liberal del partito democratico per troppa cautela nel riformare il sistema finanziario.
Qual è dunque il conto reale della disinvoltura dei banchieri americani sula bolla dei mutui subprime e derivati? Si tratta di ben 7.700 miliardi di dollari di liquidità immessi sul mercato bancario a tassi vicino alla zero dalla Federal Reserve, la Banca centrale Usa, nel sistema finanziario americano durante la crisi del 2007-2009, tenuto conto che Lehman Brother fallì il 15 settembre 2008 con effetti devastanti in tutto il mondo.
LE CIFRE DEGLI AIUTI. La cifra di 7.700 miliardi di dollari a favore di Wall Street, pari alla metà del Pil americano che viaggia attorno ai 14mila miliardi di dollari, è ben 10 volte il cosidetto TARP, il fondo di salvataggio per le banche varato nel 2008 dal governo Bush e poi amministrato dal ministro del Tesoro democratico di Barack Obama, Timothy Geithner. Soldi che hanno mascherato in realtà un salvataggio alla greca ma molto più costoso, a carico degli ignari contribuenti americani e hanno procurato agli istituti di credito americani plusvalenze extra per 13 miliardi di dollari.
I 7.700 miliardi di dollari di prestiti alle banche Usa sono un'enormità rispetto ai 340 miliardi di euro dati alla Grecia: 110 miliardi Ue-Fmi nel maggio 2010, più i 130 miliardi di euro di ulteriori aiuti che sono stati decisi il 26 ottobre 2011 a Bruxelles e i 100 miliardi di euro che le maggiori banche private perderanno se l'accordo andrà in porto con l'haircut del 50% dei bond ellenici per un totale complessivo di aiuti di 340 miliardi di euro. Bruscolini insomma rispetto al mega salvataggio americano, per di più fatto alla chetichella senza alcuna richiesta di cambiare le regole o i comportamenti, operato a favore delle banche americane.
Le sei più grandi banche statunitensi - Jp Morgan, Bank of America, Citigroup Inc, Wells Fargo & Co, Goldman Sachs Group Inc e Morgan Stanley - da sole hanno raccolto nei loro forzieri il 63% dei prestiti speciali concessi con estrema generosità dalla Fed. Le Big six sono infatti secondo Bloomberg titolari del 23% dei profitti totali (4,8 miliardi), Citigroup in testa (1,8 miliardi).
E a quanto ammontava il tasso della Fed? Nel dicembre del 2008, tanto per fare un esempio, il saggio di interesse speciale messo in cantiere dalla fed ammontava appena allo 0,01%. Un vero regalo per banchieri di Wall Street che hanno per di più continuato nelle pratiche di regalarsi ricchi bonus a fine anno per le buone performance. Solo che Babbo Natale era Ben Bernanke con i soldi dei contribenti americani, anche se è vero che tutti i prestiti concessi sono stati onorati.
CONGRESSO TENUTO ALL'OSCURO. L'operazione salva banche ha potuto ottenere i risultati di stabilizzazione grazie al fatto che la Fed di Ben Bernanke ha tenuto ben nascoste le cifre dettagliate degli interventi varati per tamponare una situazione incredibilmente complessa e senza precedenti. Bernanke si è difeso dagli attacchi di chi si è stupito per l'strema segretezza dell'operazione affermando che le cifre degli aiuti ricevuti da ogni singola banca a stelle e strisce avrebbero potuto mettere a rischio l'instabilità degli istituti più compromessi e in ultime analisi la stabilità complessiva del sistema.
Ma alla fine, come in ogni storia americana raccontata nei film di Hollywood, dopo una dura contesa giuduziaria durata 24 mesi, i giornalisti di Bloomberg sono riusciti a mettere le mani sulle cifre reali del salvataggio di Wall Street: anche grazie al "Freedom of Information Act", l'arma più efficace della legislazione sul libero accesso alle fonti d'informazione. I colleghi di Bloomberg hanno ottenuto 29 mila pagine di documenti connessi a 21 mila operazioni finanziarie, che ora verranno utilizzati per un report che verrà pubblicato nel 2012 da Bloomberg Markets Magazine.
Da tutto questa mega indagine emerge che la Fed nel 2008 ha sostenuto Wachovia con due prestiti di emergenza per un totale di 40 miliardi di dollari. E JP Morgan Chase ha utilizzato prestiti per la stessa cifra con la linea di crediti d'emergenza offerta dalla Fed.
RIFORME AL PALO.Paul Volcker, l'ex presidente della Federal Reserve dei tempi di Ronald Reagan e consigliere economico di Barack Obama è rimasto inascoltato nella sue richieste di riforme più incisive del sistema finanziario. Ora forse il rapporto Bloomberg e la pressione degli indignados di Occupy Wall Street spingeranno il Congresso a fare di più. Molti parlamentari dei due partiti hanno sostenuto che, se avessero conosciuto meglio le reali dimensioni degli interventi di aiuto della Fed, avrebbero cambiato atteggiamento politico nei confronti di una riforma dei mercati finanziari che resta per larga parte ancora da attuare senza aver affrontato la questione della divisione tra banche commerciali e quelle di investimento (parzialmente affrontata finora solo dagli inglesi) e eliminato il problema degli istituti "too big to fail", quelli troppo grandi per fallire.
Molti congressmen repubblicani e democratici sono dell'idea però che la Fed non avesse scelta nel prendersi grossi rischi e che alla fine la storia abbia avuto un lieto fine con i prestiti di emergenza che sono stati tutti rimborsati. E sebbene qualche banchiere che avrebbe dovuto perdere il posto sia ancora al suo posto, questo è il prezzo pagato sull'altare della stabilità dei risparmi delle famiglie e dei consumatori, vero elemento della crescita Usa.
LE SEI SORELLE DEL CREDITO. Altri invece sottolinenao come la mancata comunicazione ai risparmiatori e ai mercati dell'entità dei prestiti abbia permesso ai banchieri più disinvolti di fare la predica sulle virtù del mercato di autoregolarsi mentre incassavano prestiti che gli concedevano di non modificare le pratiche che sono state all'origine della drammatica crisi finanziaria del 2007.
Anzi le "sei sorelle" del credito, le maggiori banche americane sono diventate ancor più grandi. Oggi le sei big (JP Morgan-Chase, Bank of America, Citigroup, Wells Fargo, Goldman Sachs e Morgan Stanley) controllano un volume totale di asset stimati a ben 9.500 miliardi di dollari: un 39% in più rispetto al periodo pre-crisi.
Insomma profitti privati e pubbliche perdite con nessuna divisione tra banche retail e banche d'investimento e nessun limite alla distribuzione dei bunus legati alle performance. Con buona pace della "Volcker rule" e del famoso "yes, we can".
P.I. 00777910159 - © Copyright Il Sole 24 Ore - Tutti i diritti riservati |