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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2011 alle ore 09:15.

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Il problema è proprio che questa funzione oggi sembra essersi bloccata.
Non direi. Mi pare che i canali di erogazione del credito continuino a funzionare. Proprio l'intervento della Bce, da cui siamo partiti, consente di mantenerli aperti.

Ma avrà, quell'intervento, benefici anche sul debito pubblico?
Per migliorare le condizioni sul mercato dei nostri titoli di Stato, contano gli interventi complessivi della politica economica. Il governo italiano ha adottato decisioni importanti, indispensabili, per l'aggiustamento della finanza pubblica; ora occorrerà adottare ulteriori misure per promuovere e sostenere la crescita e lo sviluppo del Paese. È con politiche che sostengano la crescita in modo credibile che sarà possibile convincere il resto del mondo che, come le nostre analisi del resto confermano chiaramente, il nostro debito pubblico è sostenibile. Il ritorno alla crescita è la più convincente dimostrazione della nostra capacità di generare le risorse che permettono di ripagare il debito. Mi pare che su questo stiamo andando nella direzione giusta.

Basterà quello che noi possiamo fare?
I nostri sforzi vanno accompagnati certamente da una strategia europea. Bisogna far funzionare gli strumenti concordati tra i Paesi; questi devono avere la capacità di intervento, le dimensioni giuste e la necessaria rapidità dei tempi di risposta.

Parla di Efsf e di Esm?
Sì, ma eventualmente anche del Fondo monetario internazionale.

Tornando all'Italia, come giudica l'azione del Governo Monti?
Sta operando bene. La manovra si può discutere nelle singole poste, ma nelle dimensioni complessive era essenziale. Va ora continuata e accelerata l'attività di definizione delle misure strutturali per la crescita, che sono poi quelle che creano occupazione e ricchezza.

A proposito di crescita, qui sembra esserci però un problema di ciclo economico...
Questo è il motivo per cui, con le ultime decisioni del Consiglio Direttivo, abbiamo reso la politica monetaria ancora più accomodante di quanto non lo fosse già prima. Sia con l'adozione di misure straordinarie, sia con le misure ordinarie. La politica monetaria sarà attenta al ciclo. È così che difendiamo la stabilità monetaria nel medio periodo, che come abbiamo più volte ricordato non significa unicamente rispondere all'andamento dell'inflazione sugli orizzonti più vicini.

È un messaggio rivolto alla Germania?
Gli spread si devono ridurre, è necessario per l'area dell'euro e non solo per l'Italia. In un sistema integrato come il nostro, i benefici che si possono ottenere da una condivisione di intenti valgono per tutti, non solo per qualcuno.

C'è un eccesso di timori inflazionistici da parte dei tedeschi?
Non credo che sia questo il punto. I tedeschi sono, del resto giustamente, attenti a evitare il trasferimento ad altri paesi di risorse a carico del contribuente tedesco senza che questo sia stato deciso in un appropriato contesto istituzionale, e anche al rischio che interventi di sostegno a Paesi che devono rimettere a posto i conti finiscano per ridurre i loro sforzi di risanamento. Ma i tedeschi sanno bene che loro stessi devono fare interventi di struttura, ad esempio nei servizi, per stimolare nel lungo periodo la domanda interna, e che non avranno per sempre tassi di interessi a lunga al 2%. Serve un'azione congiunta europea. E questo ora sta finalmente avvenendo.

Ma l'Italia? Dove prenderà le risorse necessarie per crescere? I tagli di spesa continuano ad essere più un annuncio che una realtà.
Sulla spesa va fatto un lavoro certosino. Al netto degli interessi, l'Italia non ha una spesa più alta di altri Paesi. Abbiamo alcuni sprechi e abbiamo alcune duplicazioni. Sicuramente si può concentrare la spesa dove più è utile, come la scuola. Ma poi ci sono interventi a costo quasi zero, che sono utilissimi alla crescita: dall'efficienza della giustizia civile alla concorrenza tra le imprese, dalla regolamentazione eccessiva di alcuni settori alla lentezza amministrativa.

Anche la riforma del mercato del lavoro?
Soprattutto nel favorire l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro con contratti che permettono poi di mantenere progressione di carriera e sicurezza, una sicurezza che sarà comunque diversa da quella degli anni 70 e 80: dobbiamo muoverci verso un sistema che garantisca il lavoratore, non il posto di lavoro. Il mondo è cambiato. Le nuove tecnologie spingono le persone a fare investimenti continui in formazione, ma anche ad avere una mobilità più alta. Ci potranno essere periodi in cui si avrà difficoltà ad essere occupati, che dovranno essere coperti con forme di risparmio privato, ma anche con un sistema di ammortizzatori sociali diverso da quello che abbiamo oggi.

È un vasto programma...
Tutte queste cose vanno pensate, disegnate. Su alcune si può intervenire subito, altre vanno pensate oggi per il futuro. Ma è importante che il mondo capisca che in Italia noi abbiamo le idee chiare e siamo consapevoli della direzione nella quale muoverci.

Ce la faremo?
Certo che ce la faremo.

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